I vaccinati che hanno contratto la variante Delta sono comunque in grado di infettare ma in misura minore dei non vaccinati.
Questi i risultati di uno studio condotto nel 2021 da un pool di ricercatori di Singapore.
Sono stati presi in considerazione soggetti maggiorenni che avevano contratto la variante Delta del coronavirus: 214 casi, di cui 84 vaccinati (71 vaccinati con ciclo completo) con vaccini a mRNA e 130 non vaccinati.
Lo studio ha innanzitutto dimostrato quello che già si sapeva, ovvero che pazienti completamente vaccinati hanno una probabilità significativamente più bassa di sviluppare la malattia severa (ossigeno-terapia) o critica (terapia intensiva), anche se contagiati da variante Delta.
La vaccinazione è stata infatti associata con evidenze di sintomi più blandi, minore frequenza di infiammazioni sistemiche e maggior numero di infezioni asintomatiche.
Inoltre, e questa è la parte più interessante, il Ct (Cycle threshold) – ovvero il valore che ci dice approssimativamente quanto materiale genetico virale c’è nel campione – decresce più velocemente nei vaccinati rispetto ai non vaccinati.
I dati sierologici indicano che – quando la malattia viene contratta e per circa 4 giorni- la carica virale tra un vaccinato e un non vaccinato è del tutto simile e che quindi -purtroppo- entrambi possono infettare.
Tuttavia, a partire circa dal quarto giorno, la carica del vaccinato scende in maniera molto più marcata, a significare una significativa riduzione – a livello probabilistico- del rischio di infettare altre persone.
L’articolo “Chia PY et al., Virological and serological kinetics of SARS-CoV-2 Delta variant vaccine breakthrough infections: a multicentre cohort study, Clinical Microbiology and Infection, https://doi.org/10.1016/j.cmi.2021.11.010” in .pdf (scaricabile):
Virological and serological kinetics of SARS-CoV-2 Delta variant