• Home
  • VACCINI
  • Rapporto Stato-Regioni: lo Stato centrale “attrae” le competenze regionali quando affronta questioni di livello generale

Rapporto Stato-Regioni: lo Stato centrale “attrae” le competenze regionali quando affronta questioni di livello generale

La Regione Lazio ha imposto ad Aprile 2020 l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale stagionale per tutte le persone al di sopra dei 65 anni di età nonché per tutto il personale sanitario e sociosanitario operante in ambito regionale.

A chi non avesse voluto conformarsi a questo obbligo sarebbe stato vietato frequentare luoghi di facile assembramento come centri sociali e case di riposo o sarebbe stato vietato accedere ai rispettivi luoghi di lavoro.

Lo scopo dell’Ordinanza della Regione Lazio era quello di poter migliorare le cosiddette “diagnosi differenziali” in previsione dell’inverno, in modo da poter distinguere i sintomi dell’influenza stagionale (che non dovrebbero sorgere proprio per via della vaccinazione obbligatoria) da quelli da COVID 19, con conseguente alleggerimento del carico e della pressione sulle strutture regionali sanitarie.

La misura era stata anche auspicata dal CTS, come si legge dai verbali depositati dal Comitato, che raccomandavano “l’utilità di rendere obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale nei soggetti esposti e vulnerabili, ovvero (..) nelle persone di età pari o superiore a 65 anni (..) per tutto il personale sanitario, indipendentemente dall’età, e per tutte le persone accolte in lungodegenze, strutture socio sanitarie residenziali per anziani e disabili”.

Tuttavia, nonostante la ragionevolezza del provvedimento, l’Ordinanza è stata impugnata dal Governo che ne ha ottenuto l’annullamento in sede amministrativa.

Perché?

La Regione, secondo il TAR, avrebbe esercitato una prerogativa (ovvero l’individuazione delle vaccinazioni obbligatorie) riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Dal punto di vista strettamente costituzionale, infatti, la definizione del confine tra obbligo e raccomandazione in campo vaccinale è frutto di una delicata operazione di contemperamento tra libertà personale e diritto all’autodeterminazione del singolo (ovvero rispetto della libertà e dell’integrità psico-fisica del singolo) e diritto alla tutela della salute (sia individuale che collettiva).

La sintesi tra questi due diritti di rango costituzionale, vista l’importanza rivestita, non può che essere operata dallo Stato centrale che “attrae” le competenze regionali quando affronta questioni di livello generale che possono avere impatto su diritti di rango costituzionale.

Ergo, se è pur vero che le Regioni possono disciplinare l’organizzazione dei servizi sanitari sul loro territorio e se è pur vero che possono anche legiferare in materia sanitaria, laddove la dimensione della questione in gioco assuma rilievo quantomeno ultraregionale se non addirittura nazionale (come nel caso in questione) la competenza ad adottare provvedimenti non potrà che essere riservata al centro di imputazione ministeriale perché le Regioni non possono procedere ad “alterazione dell’equilibrio [costituzionale] tracciato dalla legge statale di principioné derogando in melius né in senso più restrittivo.

 

TAR Lazio – Sezione Terza – Sentenza pubblicata il 02 Ottobre 2020, in .pdf (scaricabile):

TAR Lazio - Sezione Terza - 02 Ottobre 2020

Lascia un commento