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“I giornalisti non possono aggiungere opinioni, commenti o valutazioni alle notizie che stanno comunicando” (Ungheria, CEDU 2020)

ATV è un’emittente televisiva indipendente che trasmette in Ungheria.

Il 26 novembre 2012, un membro del parlamento ungherese appartenente al partito Jobbik dichiara davanti all’assemblea che “è giunto il momento di valutare quante e quali persone di origine ebraica, specialmente quelli membri del Parlamento o del Governo, possano mettere a rischio la nostra sicurezza nazionale”.

L’intervento genera sconcerto nel Paese e, pochi giorni dopo, partiti politici di colore diverso si ritrovano in piazza per manifestare contro Jobbik e contro qualsiasi recrudescenza di antisemitismo.

ATV riporta ovviamente la notizia e lo fa accompagnandola dal seguente commento: “un’alleanza [tra partiti] senza precedenti contro le censurabili dichiarazioni del parlamentare di estrema destra”.

A questo punto Jobbik presenta (incredibilmente) un esposto al Ministero che censura (ancor più incredibilmente) l’emittente in quanto la locuzione “parlamentare di estrema destra” esprimerebbe un giudizio di valore che -a loro dire- andrebbe oltre il mero racconto dei fatti cui una testata giornalistica deve attenersi.

Il termine estrema destra in un programma televisivo è un’opinione, non un dato di fatto” conferma la magistratura ungherese (Kúria) il 16 aprile 2014 e due anni dopo (il 6 dicembre 2016) la Corte Costituzionale ungherese ribadisce che “l’articolo 12 dell’Atto sui servizi media e audiovisivi regola la relazioni tra i media e le notizie che diffondono. Quando si trattano temi politici i giornalisti non possono aggiungere opinioni, commenti o valutazioni alle notizie che stanno comunicando con la sola eccezione del fornire informazioni di contesto. Qualsiasi opinione o commento in aggiunta alla notizia deve essere espresso in una forma che lo distingua dalla notizia in quanto tale, ovvero deve essere chiaramente identificabile, e deve essere possibile risalire alla persona che ha espresso tale commento”.

La legge ungherese, quindi, non proibisce tout court di esprimere opinioni ma, prescrivendone la separazione dalla notizia, garantisce l’interesse pubblico ad essere debitamente informati facendo sì che i cittadini non ricevano informazioni distorte.

Questo il teorema di Orban

ATV ricorre alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione del suo diritto alla libertà di espressione.

La Corte prima abbozza e riconosce la (del tutto teorica) bontà delle intenzioni ungheresi nel voler proteggere la pubblica opinione da indebite influenze da parte dei servizi media e audiovisivi.

Tuttavia, sottolinea poi come molti partiti politici siano normalmente identificati ai giorni nostri con aggettivi quali “i verdi”, “i conservatori”, “i liberali”. Tali connotazioni prescindono da giudizi di valore sui partiti stessi e fanno semplicemente riferimento ai loro obiettivi politici, ai programmi, alle loro tradizioni, senza per questo creare pericolose distorsioni nelle informazioni fornite alla popolazione.

Distinguere i “fatti” dalle “opinioni”, continua la Corte, è esercizio quanto mai difficoltoso, soprattutto quando le definizioni di “opinione” sono estremamente vaghe, come accade nel caso della legge ungherese.
La vaghezza e l’indeterminatezza normativa rischiano peraltro di far mutare di scopo la legge stessa, da strumento di protezione di una ipotetica obiettività a meccanismo di pressione politica sul diritto alla libertà di parola

Infine, lo stesso atto fondativo di Jobbik autoidentifica l’associazione come un “partito radicale di destra”, rendendo l’ “opinione” di ATV sempre più simile a un fatto.

La Corte conclude confermando come il termine “estrema destra” non possa essere classificato come un’opinione e che quindi non possa essere censurato.

Le restrizioni imposte dalla legge ungherese configurano così una sproporzionata interferenza con la libertà di espressione, non “necessaria” in una società democratica, per la quale l’Ungheria viene condannata.

Si rammenta che, a norma dell’articolo 10.2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, un’interferenza con la libertà di espressione di qualsiasi individuo è “necessaria” solo quando sia messa in pratica per rispondere a un ”pressante bisogno sociale” cui le autorità nazionali devono far fronte con modalità “ragionevoli” e “proporzionate” e sempre e comunque secondo buona fede.

 

La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (IV Sez) – ATV Zrt v. Hungary – 28 Aprile 2020 (in .pdf), scaricabile:

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (IV Sez) - ATV Zrt v. Hungary - 20apr2020

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