Il Tribunale Ordinario di Bari rigettava in primo grado la domanda di risarcimento danni proposta da G. nei confronti di un IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) per le lesioni (mielopatia dorsale da radioterapia) subite a causa della quantità di radiazioni assorbita durante la somministrazione di terapia radiante.
Secondo il Tribunale, infatti, nel 1989 (anno dello svolgimento dei fatti) la mielopatia trasversa non era annoverata tra le conoscenze scientifiche dei rischi che potevano derivare dal trattamento radioterapico. Inoltre, i medici avevano correttamente osservato i protocolli di cura al tempo vigenti.
In appello, la sentenza viene riformata poiché il rischio di mielopatia dorsale, se pure raro, risultava segnalato dalla dottrina scientifica e, comunque, non vi era chiara giustificazione in merito all’alto dosaggio di radiazioni somministrate.
L’omissione del consenso informato
In aggiunta all’errore medico, nessuno aveva acquisito da G. un idoneo consenso informato sui rischi correlati al trattamento terapeutico.
La Cassazione, rifacendosi espressamente anche alla giurisprudenza costituzionale, ribadisce così che il consenso si configura quale vero e proprio diritto della persona che trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 della Costituzione (“la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”) e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che “la libertà personale è inviolabile“, e che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge“.
Proprio per tale ragione, la manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria costituisce la sintesi di due diritti fondamentali della persona: il diritto soggettivo all’autodeterminazione e il diritto alla salute.
Se è vero, infatti, che ogni individuo ha il diritto di essere curato, ha anche il diritto di ricevere le opportune informazioni in merito alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché alle eventuali terapie alternative.
Informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale.
Al diritto del paziente corrisponde poi l’obbligo del medico di fornire informazioni dettagliate, adempimento strettamente strumentale a rendere consapevole il paziente della natura dell’intervento medico e/o chirurgico, della sua portata, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative.
Obbligo la cui violazione integra responsabilità penale e civile per il medico, ex Legge 219/2017 che ribadisce come “ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.
La plurioffensività dell’omesso consenso informato
La Cassazione sottolinea anche come la relazione medico-paziente si caratterizzi per un rapporto giuridico che si articola in plurime obbligazioni tra loro connesse.
Quindi, una violazione del diritto alla autodeterminazione (ovvero una violazione del dovere di informare debitamente il paziente da parte del medico) può sostanziarsi in una domanda di risarcimento danni sia per danno biologico (il danno verificatosi a seguito di un intervento eseguito in maniera non ottimale), sia per “altri e diversi” danni di natura patrimoniale o non patrimoniale.
Più specificatamente, la violazione da parte del medico del dovere di informare il paziente può causare questi tipi di danni:
a) un danno alla salute, quando sia ragionevole ritenere che il paziente, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento (evitando così i danni da errata esecuzione del trattamento praticato)
e
b) un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio patrimoniale oppure non patrimoniale diverso dalla lesione del diritto alla salute.
Ad esempio, nel caso in cui il paziente fosse stato correttamente informato avrebbe potuto optare per un differimento nel tempo dell’intervento propostogli, in modo da poter assolvere a propri impegni che non avrebbero potuto essere altrimenti soddisfatti in un tempo successivo, ed ai quali aveva dovuto invece rinunciare.
Per ottenere il risarcimento danni, però, l’onere della prova ricadrà sul paziente che dovrà dimostrare la relazione tra l’evento lesivo del diritto alla autodeterminazione – perfezionatosi con la violazione del dovere di informare – e le conseguenze per lui pregiudizievoli.
Corte di Cassazione – Terza Sezione Civile – Sentenza 28985/2019 (Consenso Informato), in .pdf (scaricabile):
Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile - Sentenza 28985-2019 (Consenso Informato)