Dopo aver emesso ben quattro raccomandazioni sulle violazioni della rule of law in Polonia da parte del partito populista al potere (Prawo i Sprawiedlywosc, ovvero Legge e giustizia) e dopo aver preso atto dell’inerzia delle autorità polacche, la Commissione Europea ha deciso di attivare la procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea per i casi di violazione dei valori fondamentali dell’Unione nonché di avviare una procedura di infrazione a carico della Polonia.
Dopo una ulteriore lettera di messa in mora (datata 02 Luglio 2018) e un parere motivato del 14 agosto 2018 la Commissione si è così rivolta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea presentando un ricorso per inadempimento di uno Stato Membro.
L’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici e i poteri discrezionali di proroga concessi al Presidente della Repubblica
La Commissione contesta alla Repubblica di Polonia la norma che prevede, per i giudici in carica nominati prima del 3 aprile 2018 presso il Sąd Najwyższy (la Corte Suprema Polacca), l’abbassamento della loro età di pensionamento da 70 a 65 anni.
Tale disposizione va ad interessare 27 dei 72 giudici della Corte Suprema, rimuovendo così quasi il 40% dei giudici in carica alla data di entrata in vigore della nuova legge, compresa la Presidente della Corte.
L’unica eccezione prevista dalla legge per ottenere una proroga del mandato è quella di rendere, al Presidente della Repubblica di Polonia, una dichiarazione (con certificato medico di buona salute) indicante la volontà del giudice di continuare ad esercitare le proprie funzioni.
L’autorizzazione è concessa dal Presidente -previo parere del Consiglio Nazionale della Magistratura e comunque senza necessità di fornire alcuna motivazione – per un periodo di tre anni e per un massimo di due volte.
La Corte sottolinea che l’adozione di tali misure -comunque normalmente lasciate alla libera scelta degli Stati Membri- potrebbe essere ammessa solo se giustificata da un obiettivo legittimo e proporzionata rispetto a quest’ultimo.
Tuttavia, non sembra sia questo il caso: sia la revoca dei 27 giudici e della Presidente della Corte, sia il potere di proroga concesso discrezionalmente ad un organo politico (il Presidente della Repubblica) fanno infatti sorgere seri dubbi quanto al fatto che la riforma sia stata pensata, più che come mera riorganizzazione del mondo del lavoro della magistratura, come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie.
Si rammenta inoltre che la rimozione di un gran numero di giudici in carica alla Corte Suprema va ad influenzare anche il corretto funzionamento della “Krajowa Rada Sądownictwa” (il Consiglio Nazionale della Magistratura, organo garante dell’indipendenza degli organi giurisdizionali e dei giudici) che è composto -tra gli altri- dal Presidente della Corte Suprema e da 15 membri eletti tra i giudici della Corte Suprema stessa.
L’impressione è quindi che lo scopo perseguito sia stato quello di fare in modo di rimuovere una parte predeterminata dei giudici del Sąd Najwyższy (Corte Suprema) e di dare al Presidente della Repubblica il potere discrezionale di mantenere in servizio una parte degli interessati a lui gradita al fine di influenzare la magistratura e orientarne le decisioni.
I valori dell’Unione e lo Stato di diritto (“rule of law”): la tutela giurisdizionale effettiva
L’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) prevede che ogni Stato europeo possa chiedere di diventare membro dell’Unione purché rispetti e aderisca liberamente e volontariamente ai valori comuni ivi indicati, tra cui quelli relativi allo Stato di diritto.
Tra di essi figura il diritto a una “tutela giurisdizionale effettiva” (art. 19 TUE) cosa che implica la salvaguardia dell’indipendenza degli organi giurisdizionali (se non fossero indipendenti e liberi come potremmo essere certi di essere effettivamente tutelati in maniera appropriata?) nonché il correlato principio di inamovibilità dei giudici.
Per quanto concerne il diritto dell’Unione, la tutela giurisdizionale effettiva si sostanzia nelle pronunce della magistratura su questioni legate all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione stesso.
Se la Corte non può più esercitare le sue funzioni in piena autonomia (perché privata arbitrariamente di alcuni suoi membri), se non è più impermeabile a elementi esterni (quali le nomine politiche finalizzate a influenzarne le decisioni), se manca di neutralità rispetto agli interessi contrapposti (come potrebbe verificarsi nel caso dei giudici riammessi discrezionalmente dal Presidente della Repubblica) perde le sue connotazioni di indipendenza e viene quindi meno alle sue funzioni.
Per garantire che un organo come il Sąd Najwyższy (Corte Suprema) sia in grado di offrire una simile tutela, è di primaria importanza preservarne l’autonomia, ci dice la Corte, e garantire il principio dell’inamovibilità dei giudici.
Per evitare la censura della Corte, sarebbe stato necessario un periodo transitorio o un approccio per fasi che avessero consentito di non pregiudicare la certezza dei giudici di poter continuare ad occupare il loro posto per il tempo originariamente previsto e per evitare qualsiasi impressione che la riforma fosse guidata da mere finalità di controllo politico.
La nuova legge sulla Corte suprema del 21 novembre 2018
In udienza, la Repubblica di Polonia ha fatto comunque valere che l’insieme delle disposizioni nazionali censurate dalla Commissione sono state abrogate e che tutti gli effetti di queste ultime sono stati rimossi dalla nuova legge sulla Corte suprema del 21 novembre 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 2507), firmata dal presidente della Repubblica il 17 dicembre 2018 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2019.
La Sentenza della Corte di Giustizia dell?unione Europea – Grande Sezione – n. C-619/18 del 24 Giugno 2019 in .pdf (scaricabile):
Corte di Giustizia UE - Grande Sezione - Sentenza n. C-619-18, 24giu2019 (Polonia-Rule of Law)