In attesa della decisione del Senato sul nuovo caso di autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per la nave Gregoretti, vediamo le motivazioni che spinsero il Tribunale di Catania, poco meno di un anno fa, a richiedere la medesima autorizzazione per il caso “Diciotti”.
L’accusa era la stessa (sequestro di persona) così come il collegio giudicante (Dr.ssa Sandra Levanti – Dr. Nicola La Mantia – Dr. Paolo Corda).
Si rammenta che l’autorizzazione a procedere in giudizio (ovvero l’autorizzazione a incriminare e processare un membro del Parlamento) è negata nel caso in cui una delle Camere, a maggioranza assoluta dei suoi componenti reputi “con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo”.
Il Tribunale dei Ministri di Catania aveva reputato che il Ministro dell’Interno Matteo Salvini avesse abusato delle prerogative e funzioni amministrative a lui attribuite nell’ambito dell’iter procedurale per l’assegnazione del cosiddetto “place of safety” (“luogo sicuro” o “porto sicuro”) dove far sbarcare i migranti ospitati a bordo della motonave “U. Diciotti”, ponendo arbitrariamente il proprio veto e determinando così la forzosa permanenza dei migranti (tra cui minori) a bordo dell’unità navale, con conseguente illegittima privazione della loro libertà personale per un arco temporale giuridicamente apprezzabile ed al di fuori di quanto consentito dalla legge.
Nel caso specifico, il Senato aveva deciso di negare l’autorizzazione, impedendo così al Tribunale di proseguire il processo a carico del Ministro Salvini.
I fatti
14-15 agosto 2018: un barcone con numerose persone a bordo, dopo un tentativo di intervento della guardia costiera libica, giunge in zona SAR maltese. Malta procede al monitoraggio dell’evento, senza tuttavia qualificarlo come “evento SAR” (Search and Rescue), in assenza -a loro dire- di un pericolo di affondamento del natante
16 agosto 2018: la situazione precipita ed i migranti chiedono immediati soccorsi a MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) Roma in quanto, a causa del mare agitato, iniziano ad imbarcare acqua.
Malta disconosce la situazione di emergenza e Roma ordina quindi il soccorso dei migranti in acque SAR maltesi, tramite l’intervento di due motovedette che trasborderanno poi i 190 naufraghi (143 uomini, 10 donne e 37 minori) sulla motonave “U. Diciotti” di fronte all’isola di Lampedusa. 13 migranti in precarie condizioni di salute vengono subito fatti sbarcare in Italia.
17-18 agosto 2018: la controversia tra Italia e Malta prosegue, con relativo rimpallo delle responsabilità tra le due autorità per decidere chi debba provvedere a fornire il “place of safety” dove sbarcare i 177 migranti rimasti. Nel mentre, la “Diciotti” permane nelle acque antistanti l’isola di Lampedusa
20 agosto 2018: MRCC Roma dà ordine alla “Diciotti” di dirigersi verso il porto di Catania, ammonendo però di “non calare la passerella e lo scalandrone”.
22 agosto 2018: sbarcano i 37 minori
24 agosto 2018: nessuno ha ancora assegnato il “place of safety”
25 agosto 2018: sbarcano tutti i migranti adulti che necessitano di accertamenti clinici urgenti e di esami di laboratorio
26 agosto 2018: tutti i migranti rimasti vengono finalmente trasferiti all’hotspot di Messina, dove vengono ultimate le procedure di riconoscimento ed identificazione.
Il sequestro di persona – L’elemento oggettivo del reato
L’articolo 605 del codice penale prevede che chiunque priva qualcun altro della libertà personale (fisica e di locomozione) è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni (da tre a dodici anni se si tratta di minori). Inoltre, se il reato è commesso da pubblico ufficiale, la pena sale da uno a dieci anni.
Trattandosi di un reato a forma libera la sua realizzazione può avvenire nei modi più svariati (con violenza, con minacce, mediante inganni) e anche il grado di privazione della libertà può variare (può trattarsi sia di privazione assoluta che non).
Si tratta inoltre di un reato necessariamente permanente (ovvero di un reato caratterizzato dalla protrazione nel tempo della condotta criminosa), in quanto presuppone che la limitazione dell’altrui libertà di movimento sia protratta per un tempo apprezzabile, seppur breve.
I modi
La privazione dell’altrui libertà è stata adottata, secondo il Tribunale, contra legem, ovvero in violazione della normativa internazionale e nazionale che regolamenta la materia.
Gli obblighi di salvare vite in mare, di attivarsi per prestare assistenza a ogni persona in pericolo e di trovare un “place of safety” (“luogo sicuro” o “porto sicuro”) dove sbarcare i migranti costituiscono infatti precisi doveri degli Stati sulla base della “Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare” (SOLAS – Safety Of Life At Sea), della “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare” (UNCLOS – United Nations Convention on the Law of the Sea) e della “Convenzione Internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo” (SAR – Search and Rescue), tutte ratificate dall’Italia e interamente applicabili a norma del diritto italiano.
Anche a livello di normativa interna, l’art 10-ter del Testo Unico Immigrazione esclude qualsivoglia forma di costrizione dei migranti, essendo per essi prevista l’immediata conduzione in strutture ricettive per le operazioni di rilevamento foto-dattiloscopico e segnaletico e per la presentazione di istanze volte all’attivazione di procedure di protezione internazionale
La nave di soccorso può costituire un “luogo sicuro” ma solo per il tempo strettamente necessario per procedere allo sbarco dei naufraghi nella destinazione finale a terra (secondo la Convenzione SAR e le Linee Guida IMO deve essere infatti limitata, per quanto possibile, la permanenza a bordo delle navi delle persone soccorse e deve essere richiesta alle navi soccorritrici la minima deviazione possibile dal viaggio programmato), con la conseguenza che la decisione di non far scendere i profughi per cinque giorni, nonostante la nave fosse ormeggiata al porto di Catania, costituisce esplicita violazione delle predette normative.
Non vi erano nemmeno “ragioni tecniche” ostative all’autorizzazione allo sbarco, dato che l’intera “macchina organizzativa” era da subito pronta a procedere all’accoglienza, ai controlli sanitari, all’identificazione ed al trasporto dei migranti nell’hotspot di prima accoglienza,
Da ultimo va rammentato che a bordo vi erano anche dei minori il cui sbarco veniva autorizzato dal Ministro Salvini solamente dopo l’intervento della Procura della Repubblica per i Minorenni di Catania.
Il grado e il “tempo apprezzabile”
L’omessa indicazione del “place of safety” da parte del Dipartimento per le Libertà Civili e per l’Immigrazione, per cinque giorni e dietro precise direttive del Ministro dell’Interno, ha determinato -secondo il Tribunale- una situazione di costrizione a bordo delle persone soccorse con conseguente apprezzabile limitazione della libertà di movimento dei migranti, integrante l’elemento oggettivo del reato ipotizzato.
La protratta permanenza a bordo di una nave ormeggiata sotto il sole in piena estate dopo aver già affrontato un estenuante viaggio durato numerosi giorni, la necessità di dormire sul ponte della nave, le condizioni di salute precarie di numerosi migranti, la presenza a bordo di donne e bambini, infatti, costituiscono circostanze che manifestano le condizioni di assoluto disagio psico–fisico sofferte dai migranti a causa della situazione di “costrizione” a bordo e che fanno qualificare come “apprezzabile” e, dunque penalmente rilevante, l’arco temporale di privazione della libertà personale sofferto.
Le precarie condizioni dei migranti a bordo della Diciotti, inoltre, erano assolutamente note al Ministro, costantemente informato della situazione dalla “catena di comando” che faceva a lui riferimento: “la situazione a bordo resta sempre precaria e tende ad aggravarsi. I migranti dormono sul ponte adagiati su dei cartoni. Sono stati evidenziati dei casi di sospetta tubercolosi e 11 donne hanno affermato di avere subito violenza sessuale in Libia; nei loro confronti è scattato il protocollo internazionale di protezione”.
Il sequestro di persona – L’elemento soggettivo del reato
Il reato di sequestro di persona non richiede un dolo specifico essendo sufficiente il dolo generico “consistente nella consapevolezza di infliggere alla vittima la illegittima restrizione della sua libertà fisica, intesa come libertà di locomozione”.
Secondo il Tribunale, la riconducibilità dell’omessa indicazione del “place of safety” e del correlato divieto di sbarco ad una precisa direttiva del Ministro dell’Interno si evince sia dalle numerose esternazioni pubbliche del Ministro sia dalle dichiarazioni rese dai massimi vertici amministrativi preposti al comando.
La scriminante ex articolo 51 codice penale
La sufficienza del dolo generico esclude che possa assumere rilevanza lo scopo perseguito dall’agente a meno che lo stesso costituisca il risultato del “corretto esercizio” di un potere in quanto scriminato dalla causa di giustificazione dell’esercizio di un diritto o dell’adempimento di un dovere prevista dall’art. 51 c.p.
Il Tribunale si domanda quindi se le scelte del Ministro Salvini potessero essere scriminate (ovvero giustificate) dal fatto che fossero state prese per adempiere a un dovere imposto dalla legge.
Il Ministro dell’Interno è infatti responsabile della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica ed è l’autorità nazionale di pubblica sicurezza: la scelta di confinare sulla Diciotti i 177 migranti per cinque giorni era da considerarsi “necessaria” per l’interesse generale del Paese perché fondata su ragioni di ”ordine pubblico”?
Il Tribunale ritiene che lo sbarco dei 177 cittadini stranieri non regolari non potesse costituire un problema di “ordine pubblico” sia perché in concomitanza con il “caso Diciotti”, si era assistito ad altri numerosi sbarchi dove i migranti soccorsi non avevano ricevuto lo stesso trattamento sia perché nessuno dei soggetti ascoltati dal Tribunale aveva riferito di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di “persone pericolose” per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale.
Dunque, secondo il Tribunale, la decisione del Ministro non era stata adottata in senso stretto per problemi di ordine pubblico, bensì per la volontà meramente politica di portare all’attenzione dell’Unione Europa il “caso Diciotti” sollecitando una redistribuzione dei migranti sbarcati in Italia in base al principio di mutua solidarietà fondato sul concetto di “chi sbarca in Italia sbarca in Europa”.
Obiettivo del tutto legittimo e condivisibile ma che non poteva essere perseguito facendo leva sulle vite di 177 disperati.
Atto politico o atto dettato da ragioni politiche?
L’atto politico promana dai supremi organi dello Stato per dettare “disposizioni generali di indirizzo in relazione alla costituzione, alla salvaguardia ed al funzionamento dei pubblici poteri”.
Esso è deputato ad individuare i fini generali (tipicamente fini di indirizzo politico) che spetta poi alla funzione amministrativa realizzare concretamente e che mai presentano connessioni con il caso concreto né hanno capacità lesiva nei confronti delle sfere soggettive individuali.
Sia perché l’atto politico non ha capacità lesiva di situazioni soggettive individuali (e, quindi, rispetto ad esso non potrà esservi un’esigenza di tutela giurisdizionale per il privato cittadino, privo di interesse ad agire), sia per preservare l’autonomia del potere politico da quello giudiziario, l’atto politico è sempre stato considerato come insindacabile da parte della magistratura.
Come classificare la condotta del Ministro Salvini nel caso specifico?
Secondo il Tribunale, nel “caso Diciotti” non si è di fronte ad un atto politico in senso stretto ma ad un atto (amministrativo) dettato da ragioni politiche e quindi censurabile dal potere giudiziario.
Il diniego del rilascio del “place of safety” (e quindi dello sbarco) costituisce infatti atto amministrativo, privo di discrezionalità nell’an -ovvero nel “se” tale atto sia obbligatorio o meno- proprio perché dovuto sulla base di una normativa sovranazionale vincolante per lo Stato italiano.
L’unica “discrezionalità” prevista per l’indicazione del “place of safety” è di tipo “tecnico-amministrativo”, mentre si è visto come le ragioni sottese al veto posto dal Ministro dell’Interno al rilascio del “place of safety” fossero unicamente di tipo “politico”.
Il Ministro ha quindi agito al di fuori delle finalità proprie dell’esercizio del potere conferitogli dalla legge e tale atto -illegittimo e censurabile secondo il Tribunale- ha avuto diretta ed immediata influenza sulla sfera giuridica soggettiva ed individuale dei migranti, lesi nel loro diritto inviolabile della libertà personale.
Tribunale di Catania – Sezione Reati Ministeriali – Domanda di autorizzazione a procedere (23 Gennaio 2019), Caso Salvini-Diciotti, in .pdf (scaricabile):
Tribunale di Catania - Sezione Reati Ministeriali - Domanda di autorizzazione a procedere (23 Gennaio 2019)