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IMMIGRANDO (7.3) – I dati del Viminale relativi ai rimpatri e gli accordi di riammissione

Il dossier del Ministero dell’Interno pubblicato lo scorso Agosto evidenzia innanzitutto il massiccio calo degli sbarchi sulle nostre coste – già ampiamente sbandierato dalle forze politiche – rispetto allo scorso anno.

Nel periodo 01 agosto 2018-31 luglio 2019, infatti, sono approdati in Italia 8691 migranti, l’80% in meno rispetto alle rilevazioni dell’anno precedente.

La loro nazionalità dichiarata al momento dello sbarco: Tunisia (26%), Pakistan (14%), Iraq (13%), Algeria (9%), Eritrea (6%), Costa d’Avorio (5%), Bangladesh (3%), Iran (3%), Sudan (2%), Marocco (2%).

Nel periodo 01 agosto 2018-31 luglio 2019 siamo inoltre riusciti a rimpatriare 6862 migranti irregolari (una cifra praticamente uguale alle rilevazioni dell’annata precedente) mentre i rimpatri volontari assisiti sono calati del 54%.

 

Gli accordi di riammissione

La Commissione UE definisce la “riammissione” come “l’azione tramite la quale uno Stato accetta il reingresso di un individuo (propri cittadini, cittadini di paesi terzi o apolidi), che è stato trovato nell’atto di entrare illegalmente in un altro Stato, o che è illegalmente presente o che risiede illegalmente in un altro Stato”.

L’ “accordo di riammissione” viene quindi definito come un “accordo che stabilisce delle obbligazioni reciproche per le parti contraenti, nonché delle dettagliate procedure amministrative e operative per facilitare il rimpatrio e il transito di persone che non soddisfano, o non soddisfano più, le condizioni di ingresso, di presenza e di residenza nello Stato richiedente”.

I costi per il rimpatrio sono sempre a carico dello Stato richiedente (tipicamente tramite utilizzo di voli charter o col migrante irregolare scortato su un volo di linea da almeno due agenti di polizia).

Per assicurare rimpatri efficienti e perfezionare i meccanismi di riammissione, l’Italia ha cercato (e cerca tuttora) di concludere quanti più accordi bilaterali possibili, sia con i Paesi di origine dei migranti, sia con i Paesi di transito.

Tali accordi, più che avere la forma di trattati internazionali ratificati dal Parlamento, hanno spesso forme più irrituali (e purtroppo spesso meno vincolanti) prendendo il nome di “intese”, “accordi di amicizia e cooperazione” o “accordi di polizia” e prevedono -a fronte dell’accettazione degli irregolari- la cessione/fornitura di mezzi ed equipaggiamenti da parte dell’Italia e/o l’offerta di assistenza tecnica o di formazione delle forze di polizia locali da parte di quella italiana.

Tra i diversi accordi stipulati dal nostro Paese:
Algeria – “Trattato di amicizia, buon vicinato e cooperazione” firmato il 27 Gennaio 2003 e l’Accordo con la Polizia algerina per rafforzare la collaborazione in materia di immigrazione firmato ad Algeri il 22 Luglio 2009;
Egitto – “Accordo bilaterale sulla cooperazione di polizia” concluso il 18 Giugno 2000 ed entrato in vigore il 10 Gennaio 2005 e l’ “Accordo di Cooperazione” del 09 Gennaio 2007;
Marocco – “Accordo di Riammissione” firmato a Rabat il 27 luglio 1998;
Libia – “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana”, firmato il 2 febbraio 2017 e in corso di rinegoziazione in questi mesi;
Nigeria – “Accordo tra il governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica federale di Nigeria in materia migratoria” firmato nel 2000 ma entrato in vigore solo il 12 giugno 2011, nonché un nuovo Memorandum di cooperazione per il contrasto della tratta di persone e la cooperazione nell’attività di rimpatrio di cittadini nigeriani in posizione irregolare sul territorio italiano, firmato nel 2016;
Tunisia – “Accordo quadro per il contrasto all’immigrazione irregolare, al traffico di esseri umani e per un più efficace controllo delle frontiere” firmato il 9 febbraio 2017 e tuttora in corso di aggiornamento (il 7 novembre 2019 ha avuto infatti luogo alla Farnesina una nuova sessione negoziale tra l’Italia e la Tunisia).

Secondo fonti ministeriali (ovvero le informazioni e la documentazione presentate dall’ex Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Moavero Milanesi, nell’audizione sulle politiche internazionali in materia d’immigrazione, svoltasi il 6 marzo 2019), il Ministero dell’interno ha sottoscritto accordi di riammissione ed intese tecniche di varia natura anche con Costa d’Avorio, Filippine, Ghana, Gibuti, Kosovo, Niger, Senegal e Sudan.
L’Unione europea ha invece sottoscritto accordi riammissione con Albania, Armenia, Azerbaijan, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Georgia, Hong Kong, Macao, Macedonia del Sud, Moldova, Montenegro, Pakistan, Russia, Serbia, Sri Lanka, Turchia ed Ucraina.
Nell’ambito di quest’ultima categoria l’Italia ha sottoscritto protocolli bilaterali attuativi con Albania, Bosnia-Erzegovina, Moldova, Montenegro, Russia e Serbia, mentre è in corso di finalizzazione un’intesa con lo Sri Lanka ed in via di negoziazione un’intesa con l’Ucraina.

 

Quali sono i principali ostacoli alla conclusione e all’attuazione degli accordi di riammissione con i Paesi Terzi?

Il Servizio Studi dell’Istituto Affari internazionali ha evidenziato le seguenti criticità “tipiche” per quanto riguarda gli accordi di riammissione:
– il processo di identificazione delle persone non è sempre immediato;
– nonostante l’aiuto tecnico concesso dai Paesi Europei, sono pochi i Paesi Terzi che hanno capacità strutturali, organizzative ed istituzionali adeguate a gestire il ritorno dei cittadini riammessi;
– Gli Stati membri dell’UE non sono sempre disposti ad offrire incentivi ai Paesi Terzi per incoraggiare la conclusione di accordi di riammissione. Tuttavia, specialmente quando gli accordi di riammissione riguardano non solo i cittadini del Paese Terzo ma anche gli immigrati d’altri Paesi che sono transitati sul suo territorio, compensazioni e incentivi sarebbero fondamentali;
– la conclusione ed applicazione di accordi di riammissione (per migranti non cittadini degli Stati di transito) può produrre controversie diplomatiche tra i Paesi del Sud del Mediterraneo e i Paesi sub-sahariani, inasprendo le relazioni diplomatiche e ostacolando le strategie di cooperazione nel continente africano.

 

Il Dossier Viminale 01ago2018-31lug2019 – Un anno di attività del Ministero dell’Interno (in .pdf), scaricabile:

Il Dossier Viminale 01ago2018-31lug2019

 

 

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