La ridiscussione del Regolamento di Dublino è all’ordine del giorno nell’agenda della nuova Commissione targata Ursula von der Leyen ma il percorso resta in salita. E quanto la salita sia ripida lo si comprende scorrendo i termini dell’accordo faticosamente raggiunto a Malta il 23 settembre scorso.
Consci di quanto gli attuali meccanismi di solidarietà volontaria (ad es. articolo 17: “ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento”) previsti dal Regolamento di Dublino siano stati deficitari, Italia, Francia, Germania e Malta propongono di implementare un meccanismo di solidarietà temporaneo (massimo 6 mesi, rinnovabile) per assicurare una migliore (e più dignitosa) gestione dei salvataggi in mare e dell’esame delle domande di protezione internazionale.
L’accordo è in realtà una mera dichiarazione di intenti (una “joint declaration of intent”), non legalmente vincolante, sottoscritto per ora solo da 4 Stati Membri su 28 e destinato ad essere discusso con gli altri Ministri dell’Interno dell’Unione il 7 e l’8 ottobre in Lussemburgo.
Non si sono ovviamente palesati alle negoziazioni preliminari tutti gli Stati del blocco Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia) né le Repubbliche Baltiche. Solo dopo la metà di ottobre, in funzione dei riscontri ricevuti, capiremo la reale portata delle (comunque scarne) innovazioni introdotte.
Quali sono i principi previsti dall’accordo?
1. Innanzitutto si stabilisce che le navi battenti bandiera dello Stato costiero debbano sbarcare le persone salvate in mare nello Stato Costiero di loro appartenenza.
2. Per le altre navi, e comunque solo nei casi di pressioni migratorie impreviste (ovvero in caso di un eccessivo numero di migranti rispetto alla capacità dei centri di accoglienza o in presenza di troppe domande di protezione internazionale), uno degli Stati Membri può decidere di offrire volontariamente un “place of safety” per lo sbarco, informandone la Commissione.
3. Ad ogni modo, sarà sempre possibile offrire volontariamente il proprio aiuto, sia sotto forma dell’offerta di un “place of safety” alternativo per lo sbarco sia offrendosi di accettare migranti per l’esame della loro domanda di protezione internazionale: in tali casi, il ricollocamento (“relocation”) dei migranti deve avvenire entro e non oltre 4 settimane di tempo.
Il ricollocamento avverrà grazie a un sistema “fast-track” (le cui procedure operative standard devono tuttavia ancora essere scritte) basato sulle disponibilità fornite dagli Stati Membri prima dello sbarco.
Come detto, lo Stato di ricollocamento gestirà anche tutte le relative domande di protezione internazionale, in deroga alle regole della competenza dettate dal Regolamento di Dublino.
4. L’accordo mirerebbe poi ad assicurarsi (senza però specificare come) che questo nuovo meccanismo di solidarietà non agisca come nuovo fattore di attrazione (“pull factor”) per i migranti in partenza dal Nord Africa.
5. L’accordo prevede anche, con una certa dose di ottimismo, che coloro che non hanno diritto a restare in territorio europeo verranno prontamente rimpatriati (“effective and quick return”), ignorando di fatto le evidenti difficoltà di interlocuzione da sempre sperimentate con gli Stati di origine dei migranti quando si tocca l’argomento “rimpatri”.
6. I quattro Stati Membri promotori del vertice lanciano poi un nemmeno troppo velato messaggio alle ONG operanti nel Mediterraneo: raccomandano loro di seguire le istruzioni fornite dagli MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) durante i salvataggi (sottintendendo: anche quello libico), di evitare di inviare segnali luminosi per agevolare la partenza dei barconi di disperati dalle coste africane o l’ingaggio di imbarcazioni cariche di migranti e, soprattutto, di non ostacolare le missioni di salvataggio della guardia costiera libica, legittimandone così, incredibilmente, ancora una volta l’operato.
Quantomeno, Italia, Francia, Germania e Malta chiedono un maggiore coinvolgimento di UNHCR e IOM nella gestione dello sbarco dei migranti in Nord Africa per assicurare il basilare rispetto dei loro diritti umani, cosa che invece -a tutt’oggi- non viene purtroppo data per scontata.
7. L’accordo prevede inoltre di accrescere l’uso della sorveglianza aerea nel Mediterraneo per assicurare l’individuazione delle navi degli scafisti e contrastarne efficacemente i traffici. Come farlo poi, con la missione EunavforMed Sophia che continua ad operare senza i suoi mezzi navali e con Stati costieri poco inclini alla solidarietà, resta ancora un mistero.
8. Ultima dichiarazione di intenti: la riforma del Regolamento di Dublino, si spera nella direzione auspicata da Conte e dall’Italia (“chi sbarca in Italia, sbarca in Europa”) e non secondo i desiderata del blocco sovranista.
La “Joint Declaration of Intent on a controlled emergency procedure – Voluntary committment by Member States for a predictable temporary solidarity mechanism” del 23 Settembre 2019, in .pdf (scaricabile)
Joint Declaration of Intent - 23sep2019