Dal 28 Marzo 2017, i richiedenti asilo giunti in Ungheria (con la sola eccezione dei minori non accompagnati sotto i 14 anni) vengono bloccati nelle cosiddette “zone di transito” poste ai confini con la Serbia per tutto il tempo necessario all’esame della loro domanda di protezione internazionale, senza preoccuparsi di rispettare il limite massimo di 4 settimane per il trattenimento dei migranti in zone franche di identificazione, come disposto dalle normative dell’Unione Europea (Direttiva 2013/32/EU e Direttiva 2013/33/EU).
Dal 1 Luglio 2018, inoltre, una nuova legge approvata dal Parlamento ungherese prevede che una domanda di asilo debba essere considerata “improcedibile” quando il richiedente sia giunto in Ungheria da un Paese nel quale non avrebbe rischiato di essere sottoposto a torture, persecuzioni per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche o violazioni dei suoi diritti umani.
Pertanto, sulla base di questa nuova legge, se un richiedente asilo siriano, passando per il territorio serbo, si presentasse al confine ungherese chiedendo di essere aiutato e desiderando richiedere asilo, l’Ungheria non gli riconoscerebbe aprioristicamente alcuna protezione.
L’Hungarian Helsinki Committee, un’organizzazione non-governativa che si occupa di protezione dei diritti umani e fornisce aiuto a rifugiati, detenuti e vittime di violenze, ha denunciato questo e altri comportamenti nell’ultimo paper intitolato “Hungary continues to starve detainees in the transit zones” del 23 Aprile 2019.
I migranti che giungono in Ungheria dalla Serbia sono quindi tutti considerati automaticamente alla stregua di migranti economici, le loro domande di asilo vengono praticamente sempre rigettate e l’Ungheria tenta di espellerli quanto prima (in Serbia o nel loro Paese di origine).
Il migrante può presentare ovviamente appello contro il provvedimento di rigetto delle autorità ungheresi e
1. nel caso in cui l’appello venga accolto dal Tribunale, il migrante resta trattenuto nella zona di transito fino a nuova decisione dell’Ufficio Ungherese per l’Asilo e l’Immigrazione (IAO) sul suo caso;
2. nel caso in cui il Tribunale rinvii pregiudizialmente il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il migrante resta trattenuto nella zona di transito fino a sentenza definitiva;
3. nel caso in cui l’appello non venga accolto, si attivano invece le procedure di espulsione.
La Serbia, tra l’altro, si rifiuta ormai da tempo di riammettere sul proprio territorio i richiedenti asilo respinti dall’Ungheria.
Quando questo accade e l’opzione dell’espulsione in Serbia non è più sul tavolo, l’Ufficio Ungherese per l’Asilo e l’Immigrazione si premura di modificare il testo del suo ordine di respingimento e di disporre che il richiedente asilo venga invece rimpatriato nella sua terra natia, senza esaminare nel merito i singoli casi e le situazioni personali dei rifugiati e senza valutare in maniera adeguata i rischi di persecuzione o di violazione dei diritti umani cui potrebbero essere sottoposti nel luogo di loro prossima destinazione.
Questo comportamento è palesemente in contrasto con la Direttiva UE sulle procedure di asilo (Direttiva 2013/32/EU) e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2012/C 326/02) e ha già fruttato censure da parte dell’Unione Europea nonché l’apertura di una procedura di infrazione.
Peraltro, anche la normativa ungherese prevederebbe un esame di merito della pratica prima di procedere a un indiscriminato respingimento verso un Paese non considerato “sicuro” ma, secondo il rapporto, l’Ungheria disattende sistematicamente questo dovere.
Da ultimo, l’ “Hungarian Helsinki Committee” denuncia anche che, in nove casi avvenuti nel 2019, le autorità ungheresi hanno affamato di proposito i migranti cui non era stato riconosciuto il permesso di asilo e che erano ancora bloccati nella zona di transito, per incoraggiarli a lasciare il Paese.
L’organizzazione non-governativa riporta che l’Ungheria ha ripreso a nutrirli regolarmente solo dopo l’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Le autorità ungheresi hanno risposto alle obiezioni sollevate spiegando che “non ci sono pasti gratis per nessuno” e che il migrante può “volontariamente” andarsene nel caso non gradisca il trattamento riservatogli.
Cosa però impossibile a meno di non violare di proposito la legge ungherese (che dispone che il migrante debba essere respinto nello Stato ufficialmente indicato sul foglio di via) o la legge serba (che vedrebbe lo sconfinamento come un atto di immigrazione clandestina) e che suona tanto come un incitamento -nemmeno troppo velato- all’attraversamento illegale delle frontiere.
“Mi complimento con il premier Viktor Orban che, in modo rapido ed efficace, ha assicurato il presidio di 600 chilometri di frontiere, BLOCCANDO, gli ingressi. Le posizioni di governo italiano e ungherese sono identiche”, twittava Salvini il 2 Maggio 2019.
Complimenti davvero meritati.
Il Rapporto “Hungary continues to starve detainees in the transit zones” dell’Hungarian Helsinki Committee, datato 23 Aprile 2019, in .pdf (scaricabile):
Hungary continues to starve detainees in the transit zones - Hungarian Helsinki Committee (2019)