Bandia Aliou, cittadino della Guinea, inoltra domanda di protezione internazionale ed umanitaria alla Commissione Territoriale di Caserta vedendo respinta la sua richiesta.
Le ragioni del diniego si basano sul fatto che Bandia si è allontanato dal suo Paese solo per ragioni di carattere economico e familiari (una situazione di conflitto con i suoi genitori) e sul fatto che le condizioni politiche della Guinea si sono progressivamente stabilizzate negli ultimi anni, non facendo ora temere -a giudizio dei decidenti- che il migrante possa essere esposto a pericoli certi e attuali di gravi violazioni dei suoi diritti umani fondamentali.
Una volta esclusa, per le ragioni appena viste, la protezione internazionale per status di rifugiato, vengono anche negate a Bandia la protezione sussidiaria (non si ritiene che correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno in caso tornasse in Guinea) e la protezione umanitaria, non essendo stati rilevati -nel caso specifico- “gravi/seri motivi di carattere umanitario” (secondo il disposto dell’articolo 5 del DLgs 286/1998 e dell’articolo 32 del DLgs 25/2008).
Il Tribunale di Napoli conferma questa posizione con Decreto del 08 Giugno 2018 e Bandia Aliou ricorre allora in Cassazione.
Il ricorrente lamenta che sia la Commissione Territoriale che il Tribunale si sono limitati a una generica negazione della sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione per ragioni umanitarie, e non hanno tenuto in debita considerazione né il suo stato di povertà né il perdurare in Guinea di una situazione di instabilità politica e di sistematica violazione dei diritti umani, cose che -appunto- lo avevano spinto a lasciare il proprio Paese e a domandare asilo.
La decisione della Cassazione
La Cassazione non modifica la valutazione del Tribunale perché ritiene che l’esame delle ragioni presentate sia stato svolto scrupolosamente e in maniera puntuale: Bandia Aliou non otterrà quindi alcun titolo di soggiorno.
Tuttavia, nell’esame del caso, sorge un problema cui la Suprema Corte deve fornire soluzione interpretativa: la normativa che disciplina la protezione umanitaria è infatti mutata tra l’esame del caso in specie (Decreto del Tribunale del 5 Giugno 2018) e l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza (05 Ottobre 2018).
Il DLgs 113/2018 (Decreto Sicurezza) ha eliminato la norma dell’articolo 5 del DLgs 286/1998 che prevedeva il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo (di due anni) ove si fossero acclarati “seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”, sostituendolo con uno specifico “permesso speciale” della durata di un anno, rinnovabile, che consente di svolgere attività lavorativa ma che non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Secondo il Decreto Sicurezza, le Commissioni territoriali non possono più discrezionalmente valutare la sussistenza dei “seri motivi umanitari” per il rilascio del permesso ma sono adesso esclusivamente tenute a trasmettere al Questore la richiesta per tale permesso nei casi in cui la domanda di protezione internazionale non venga accolta e, al contempo, si debba applicare il principio di non-respingimento, ovvero non si possa espellere il migrante verso uno Stato in cui egli possa essere oggetto di torture o di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
Quale norma deve quindi essere applicata ai giudizi ancora in corso al momento dell’entrata in vigore del Decreto Sicurezza?
L’art 11 delle preleggi (“La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”), sebbene non goda di copertura costituzionale e possa quindi essere derogata dal legislatore, fissa il principio dell’irretroattività della norma sopravvenuta.
Essa, a meno che differentemente disposto in sede legiferante, è pertanto inapplicabile oltre che ai rapporti giuridici esauriti anche a quelli ancora in vita alla data dell’entrata in vigore della legge nel caso in cui tale applicazione vada a modificare la disciplina giuridica del cosiddetto “fatto generatore del diritto” o la valutazione dei suoi effetti.
Il principio di irretroattività non riguarda quindi soltanto i cosiddetti “diritti quesiti” ma anche le situazioni giuridiche sottoposte a procedimento di accertamento quando la nuova disciplina legislativa modifichi il fatto generatore del diritto (ovvero -ad esempio- modifichi, limiti o comprima la titolarità di un diritto, il suo contenuto o il suo esercizio) o vada a incidere sulla valutazione delle sue conseguenze attuali o future.
In tal modo, si evita che si verifichino ingiustificate e irragionevoli disparità di trattamento in funzione dalla durata dell’accertamento.
Per tale ragione, la presentazione della domanda da parte di Banda Aliou in data antecedente all’entrata in vigore del Decreto Sicurezza ha cristallizzato il paradigma legale sulla base del quale il suo caso doveva essere scrutinato e deciso nel merito, riportandolo sotto il cappello dell’ormai abrogato articolo 5, comma 6, del DLgs 286/1998.
Le modalità operative per il rilascio di tale permesso, tuttavia, saranno conformate alla nuova normativa.
Il titolo di soggiorno che dovesse essere rilasciato dal Questore (in caso di accertamento positivo delle condizioni di legge esistenti al momento della presentazione della domanda, cosa che -si ricorda- non è avvenuta nel caso concreto) dovrà avere il contenuto e la durata stabiliti dal nuovo Decreto Sicurezza.
Infatti, le modalità esecutive del diritto guardano al futuro e devono per forza di cose conformarsi ai dettami definiti dalla normativa in vigore al momento della loro applicazione: il Questore non potrà rilasciare al richiedente un vecchio “permesso umanitario” (ormai abrogato) ma il richiedente riceverà un nuovo permesso per “casi speciali” di durata annuale, sebbene lo scrutinio del caso specifico sia avvenuto alla luce della vecchia normativa.
Corte Suprema di Cassazione – Sezione Prima Civile – Sentenza n. 4890-2019 (Bandia Aliou), in .pdf (scaricabile):
Corte Suprema di Cassazione - Sezione Prima Civile - Sentenza n. 4890-2019 (Bandia Aliou)