Tra le preoccupazioni del Governo per le stime di crescita da inserire a breve nel Documento di Economia e Finanza (sicuramente inferiori a quelle presentate alla Commissione UE alla fine dello scorso anno) e la gestazione del cosiddetto “Decreto Crescita”, il Centro Studi di Confindustria presenta il suo “Dove va l’economia italiana e gli scenari geoeconomici”.
Una fotografia dello stato dell’economia italiana a dire il vero abbastanza impietosa.
Crescita zero per l’Italia

L’economia italiana secondo Confindustria è prevista sostanzialmente in stagnazione nel 2019 (con la crescita rivista nettamente al ribasso rispetto alle ottimistiche previsioni di qualche mese fa) e solo in esiguo miglioramento nel 2020.
Nel 2019 entreranno in vigore i due pilastri della Legge di bilancio:
1. il Reddito di cittadinanza come sostegno al reddito delle famiglie;
2. la cosiddetta “Quota 100”, ovvero la nuova opzione di pensionamento anticipato introdotta in via sperimentale per il triennio 2019-2021.
Il Governo si attendeva che i due strumenti avrebbero dato un contributo alla crescita grazie alla loro natura di “manovre espansive”.
Il Centro Studi di Confindustria classifica invece tale contributo come “esiguo”, alla luce delle proiezioni sulla crescita del nostro PIL (0.0 % nel 2019 e 0.4 % nel 2020).
Il loro scarso impatto sul PIL è però purtroppo solo una faccia della medaglia; non bisogna infatti dimenticare che per sostenere il Reddito di Cittadinanza e Quota 100 sono stati impegnati (per il triennio 2019-2021) 38 miliardi di euro, tutti quasi interamente a deficit, cosa che impatterà pesantemente sui conti pubblici.
Il Centro Studi riporta testualmente: “per il 2020 il Governo ha sostanzialmente ipotecato i conti e non ci sono opzioni né facili, né indolori”: secondo Confindustria non ci sarà altra scelta tra aumentare l’aliquota IVA di circa tre punti percentuali (come previsto dalle clausole di salvaguardia) o far salire pericolosamente il rapporto tra debito pubblico e PIL oltre il 3 per cento (Confindustria stima un 3,5 %) con ulteriore pesante impatto sulla fiducia e sulla credibilità di tenuta dei nostri conti.
Se il trend procederà come sta procedendo al momento, ovvero senza nessuna evidenza inequivocabile di una netta riduzione del rapporto tra debito e PIL ci troveremo di fronte:
1. al rialzo degli interessi sui titoli di Stato come riflesso dell’aumento del premio al rischio che gli investitori chiederanno per detenere titoli pubblici italiani;
2. a maggiori esborsi da parte dello Stato in tema di spesa per interessi (con ulteriore impatto negativo sul deficit);
3. al perdurare di un clima di forte incertezza;
4. al crollo della fiducia di imprese e famiglie, che farà diminuire i consumi e gli investimenti con effetti recessivi addizionali;
5. a inasprimenti dei rapporti con l’Unione Europea e a possibili nuove sanzioni.
Il divario di crescita tra Italia e Paesi dell’Eurozona resta sempre molto marcato: nel 2019 l’Eurozona (senza l’Italia) dovrebbe essere in grado di raggiungere una crescita del PIL pari al 1,6% mentre per noi le previsioni sono, appunto, di stallo (0,0% di crescita per l’anno prossimo).

Occupazione
Anche l’occupazione rimarrà pressoché ferma nel 2019 (+0,2 %), per ricominciare a crescere nel 2020 (0,4 %).
I fari sono al momento puntati sul giro di vite sui contratti temporanei operato dal Decreto Dignità e sulla flat tax per le partite IVA fino a 65.000 euro: il Decreto Dignità porterà più occupazione a tempo indeterminato a scapito di quella a tempo determinato? e la flat tax disincentiverà il lavoro dipendente a favore di quello indipendente?
Quello che per ora si può dire è che l’occupazione a termine, che fino a settembre 2018 era cresciuta continuamente dal 2014, ha smesso di aumentare senza essere stata compensata da un aumento dell’occupazione a tempo indeterminato, coerentemente con il rallentamento dell’economia e l’incertezza sulle prospettive future.

L’ultima speranza (forse) nell’export
Guardando alle principali componenti del PIL:
– la spesa delle famiglie è prevista crescere lievemente nel 2019 e frenare nel 2020;
– la spesa per investimenti (privati e pubblici) è attesa in calo nel 2019 (dopo quattro anni di risalita) mentre per il 2020 si prevede una debole ripartenza, anche se del tutto insufficiente a riportare gli investimenti su un trend di recupero che li riconduca ai valori pre-crisi.
Confindustria sottolinea come sia fondamentale che tutte le iniziative governative per sbloccare le risorse pubbliche già stanziate, così come ogni iniziativa per sostenere gli investimenti privati, siano accelerate;
– la crescita delle esportazioni è prevista accelerare già nel 2019 (anche se meno di quanto previsto nel 2018), per acquisire ancora un po’ più di velocità nel 2020.
I segnali di frenata dell’export si sono intensificati nell’ultimo quarto del 2018, in linea con il generale rallentamento dell’economia europea e con le politiche nazionalistiche USA (i dazi di Trump) che hanno ridotto i volumi verso il nostro primo mercato di sbocco extra-UE.
Tuttavia, l’attesa progressiva svalutazione dell’euro e i buoni segnali commerciali provenienti da Russia, Cina e altri paesi asiatici dovrebbero, secondo Confindustria, far risalire le vendite extra-UE nel prossimo biennio.
Il Rapporto “Dove va l’economia italiana e gli scenari geoeconomici” del Centro Studi di Confindustria del 27 marzo 2019, in .pdf (scaricabile):
Dove va l’economia italiana e gli scenari geoeconomici - Centro Studi Confindustria - 27marzo 2019