L’art. 3 della legge 695/1959 richiedeva la presentazione dell’attestato di vaccinazione antipoliomelite per l’ammissione dei bambini da 4 mesi a 6 anni di età “agli asili nido, alle sale di custodia, ai brefotrofi, agli asili infantili, alle scuole materne, alle scuole elementari, ai collegi, alle colonie climatiche ed a qualsiasi altra collettività di bambini”.
La legge entrò in vigore il 09 Settembre 1959 e venne introdotta per diffondere nella maniera più uniforme possibile sul territorio la vaccinazione antipoliomielitica pediatrica, anche se la stessa veniva già generalmente somministrata da anni ai minori, secondo le raccomandazioni della autorità sanitarie.
L’obbligo giuridico vero e proprio della vaccinazione (con sanzioni specifiche a carico degli inadempienti) venne poi imposto con la legge 51/1966, che all’articolo 1 recita “la vaccinazione contro la poliomielite è obbligatoria per i bambini entro il primo anno di età e deve essere eseguita gratuitamente”.
Il signor RD, all’inizio degli anni duemila, aveva avanzato richiesta di indennizzo contro i danni causatigli dalla vaccinazione antipolio tipo Salk che gli era stata somministrata in data 10 giugno 1959, all’età di un anno e undici mesi, richiedendo un indennizzo allo Stato ex art. 1 della legge n. 210 del 1992.
Come visto, all’epoca dei fatti la vaccinazione antipoliomelitica non era ancora classificata come obbligatoria ma era comunque fortemente raccomandata dai programmi di politica sanitaria del Ministero della Salute.
La Corte d’appello di Cagliari gli nega però il beneficio dell’indennizzo in quanto la legge 362/1999 (“Disposizioni urgenti in materia sanitaria”) aveva circoscritto la possibilità di essere indennizzati solo per coloro che fossero stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica durante il periodo di vigenza della legge 695/1959.
Il ricorrente era stato vaccinato poco prima e, quindi, era automaticamente escluso da tale diritto, a parere della Corte.
Inoltre, la Corte di Appello ritiene intempestiva la domanda, sollevata solo il 31 ottobre 2005, ben oltre il termine decadenziale di quattro anni fissato dalla legge 362/1999 per chiedere tale risarcimento.
Il ricorso in Cassazione
Il Sig. RD ricorre allora in Cassazione ribadendo la richiesta di tutela indennitaria anche per la vaccinazione somministratagli prima della legge 659/1959.
Nel periodo in cui fu sottoposto alla vaccinazione antipolio, infatti, era in atto un programma di politica sanitaria, imposto dal Ministero della Sanità attraverso le autorità pubbliche locali, tradottosi in pratiche sanitarie essenzialmente obbligatorie per ordinanza delle autorità stesse.
Inoltre, il Sig. RD argomenta che i termini di presentazione dell’istanza per l’ottenimento dell’indennizzo decorrono dal momento in cui l’avente diritto risulti avere avuto conoscenza del danno, il che nel suo caso è avvenuto solo nel 2004, anno in cui ha avuto la consapevolezza della riferibilità causale della malattia (esiti di poliomielite su entrambi gli arti inferiori) alla vaccinazione subita.
La decisione della Cassazione
Nel 1992 (con legge 210/1992) il legislatore decise di riconoscere il diritto ad un indennizzo per chiunque avesse riportato lesioni o infermità a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di un’autorità sanitaria italiana.
Identico diritto venne riconosciuto ai soggetti contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati e a coloro che avessero manifestato danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali.
La Corte Costituzionale ha infatti stabilito che non è costituzionalmente lecito, alla stregua degli articoli 2 e 32 della Costituzione, richiedere che il singolo esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettività stessa sia disposta a condividere, come è possibile, il peso delle eventuali conseguenze negative.
“Se il diritto costituzionale della salute come interesse della collettività giustifica l’imposizione per legge di trattamenti sanitari obbligatori, esso non postula il sacrifico della salute individuale a quella collettiva. Cosicché, ove tali trattamenti obbligatori comportino il rischio di conseguenze negative sulla salute di chi a essi è stato sottoposto, il dovere di solidarietà, previsto dall’art. 2 della Costituzione, impone alla collettività, e per essa allo Stato, di predisporre in suo favore i mezzi di una protezione specifica consistente in una equa indennità, fermo restando, ove ne realizzino i presupposti, il diritto al risarcimento del danno” (C. Cost, sentenza 27/1998).
Il diritto all’indennizzo/risarcimento è quindi riconosciuto sia quando un trattamento sanitario è obbligatoriamente imposto dalla legge, sia quando si è in presenza di una mera raccomandazione (magari nell’ambito di una politica sanitaria promossa dallo Stato) proprio per il “naturale svilupparsi di un affidamento [da parte dei cittadini] nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie”, come dice la Corte.
Il singolo si presta a soddisfare le “esigenze di solidarietà sociale imposte alla collettività” in entrambi i casi e, se danneggiato, è giusto che le conseguenze della propria condotta socialmente orientata non ricadano solo sulle sue spalle.
Anche il cosiddetto “Decreto Lorenzin” (DL 73/2017, convertito con modificazioni dalla Legge 31 luglio 2017, n. 119), estende la tutela prevista dalla legge n. 210/1992 a tutte le vaccinazioni indicate all’articolo 1, vaccinazione antipoliomielite inclusa, senza alcun limite temporale per la richiesta dell’indennizzo.
Per tali ragioni, nel contesto evolutivo della tutela per danni da vaccinazioni non obbligatorie e alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 1 della legge 210/1992, la Corte di Cassazione ritiene che una tutela indennitaria temporalmente limitata (ex legge 362/1999) che si applichi ai soli danneggiati da vaccinazione antipoliomielite non obbligatoria non sia conforme al canone di ragionevolezza.
Il tutto deve invece essere ricondotto nell’alveo di quanto disposto dalla legge 210/1992 (norma generale che disciplina il diritto ad un indennizzo in caso di danni da vaccinazioni obbligatorie o raccomandate) e del suo termine decadenziale triennale.
Termine che decorre dal momento in cui, il soggetto abbia avuto consapevolezza del rapporto causale tra la vaccinazione e il danno patito.
La Corte cassa quindi la sentenza della Corte d’appello di Cagliari e rinvia il procedimento ad altro giudice.
La sentenza della Corte Suprema di Cassazione – Sezione Civile – Sentenza n. 11339/2018, in .pdf, (scaricabile):
Corte Suprema di Cassazione - Sezione Civile - Sentenza n. 11339-2018