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Decreto Sicurezza: le indebite espulsioni dai centri di accoglienza, il SIPROIMI, la protezione umanitaria. I chiarimenti del Ministero

Il 18 Dicembre scorso il Ministero dell’Interno ha emanato una Circolare per cercare di chiarire i dubbi interpretativi sul Decreto Sicurezza (DL 113/2018, convertito con modificazioni dalla Legge 132/2018), da poco convertito in legge dal Parlamento.

 

I cambiamenti relativi alla protezione umanitaria

La Circolare sottolinea come l’obiettivo perseguito dal Decreto sia stato quello di contrastare l’andamento considerato “inflattivo” nel rilascio dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, dovuto a una eccessiva discrezionalità e ad una estensiva interpretazione della giurisprudenza da parte degli organi preposti al rilascio dei permessi.

Secondo il Ministero dell’Interno, la concessione della protezione umanitaria sulla base della generica previsione di “seri motivi di carattere umanitario” ha infatti condotto a una situazione paradossale: la concessione di un alto numero di permessi di soggiorno per motivi umanitari (25 % delle domande presentate rispetto al solo 7 % di domande accolte per lo status di rifugiato e al 15 % per lo stato di protezione sussidiaria) che si sono rivelati fallimentari dal punto di vista dell’integrazione e dell’inclusione sociale e lavorativa dello straniero giunto nel nostro Paese.

Negli ultimi tre anni sono stati infatti riconosciuti dalle Commissioni territoriali circa 40.000 permessi per protezione umanitaria, dei quali solo poco più di 3.200 sono stati convertiti in permessi di lavoro e solo 250 in ricongiungimenti familiari.
La mancata conversione dei permessi per protezione umanitaria ha così innescato la moltiplicazione di casi di marginalità sociale per le persone migrate nel nostro Paese che, una volta scaduto il permesso umanitario, si sono ritrovate senza sbocchi e in condizioni di assoluta fragilità e povertà, venendo spesso attratti in circuiti criminali o di lavoro sommerso.

Il Decreto Sicurezza non ha tuttavia eliminato del tutto la protezione per moventi di natura umanitaria ma ne ha soltanto ridisegnato i confini.

Essa continua infatti ad esistere ma viene ora concessa in presenza di ben definite circostanze sotto forma di “premessi speciali” rilasciati alle vittime di violenza domestica o di grave sfruttamento lavorativo, a chi versa in condizioni di salute di eccezionale gravità, a chi non può rientrare nel proprio Paese perché colpito da gravi calamità, alle vittime di tratta, a chi compie atti di particolare valore civile, nonché a coloro i quali, pur non avendo i requisiti per il riconoscimento di una forma di protezione internazionale, corrono comunque il rischio, in caso di rimpatrio, di subire gravi persecuzioni o di essere sottoposti a torture.

Anche la durata di queste nuove forme di protezione è sostanzialmente rimasta invariata (da 6 mesi a 2 anni) rispetto a quella offerta in precedenza dalla protezione umanitaria, anche se il permesso umanitario rilasciato all’esito della procedura di protezione internazionale aveva sempre durata biennale.

 

Che fine fa lo SPRAR?

Lo SPRAR cambia pelle e verrà rinominato “SIPROIMI”, ovvero “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”.

La principale differenza tra i due sistemi risiede proprio nel fatto che, a partire dall’entrata in vigore del Decreto Sicurezza, i beneficiari delle attività di integrazione e di inclusione sociale precedentemente offerte a richiedenti asilo/rifugiati nell’ambito del sistema SPRAR saranno solo i titolari di protezione internazionale, ovvero coloro i quali hanno titolo definitivo a permanere sul territorio nazionale.
Ricadono in questo gruppo coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato, i beneficiari della protezione sussidiaria, i beneficiari dei “permessi speciali” nonché i minori non accompagnati per i quali la massima assistenza è sempre garantita indipendentemente dal loro status.

Tutti i soggetti che hanno presentato domanda di protezione internazionale e che sono ancora in attesa della definizione della loro posizione giuridica, quindi, non avranno più diritto ad alcuna assistenza integrativa.
Di conseguenza, i richiedenti asilo non saranno più iscritti nell’anagrafe dei residenti (articolo 13) e saranno accolti nelle strutture previste dal DLgs 142/2015, ovvero i centri di prima accoglienza governativi (CPA o “hub regionali”) e i centri di accoglienza straordinaria (CAS) fino alla definizione del loro status.

La misura è stata presa, secondo le argomentazioni fornite dal Governo, nell’ottica di una ottimizzazione e razionalizzazione dei servizi da assicurare agli immigrati per evitare che coloro che non hanno un titolo stabile di permanenza nel territorio accedano indiscriminatamente ai percorsi di formazione finalizzati all’integrazione, con gravosi oneri a carico dell’erario.

Per i titolari di protezione internazionale, viene mantenuta e confermata la “sperimentata e proficua” modalità di accoglienza integrata che vede i sindaci protagonisti nella proposizione e definizione dei progetti di accoglienza, in coordinamento con le strutture centrali.
La rete degli enti locali precedentemente aderenti allo SPRAR è notevolmente cresciuta e, ad oggi, il SIPROIMI conta su 877 progetti finanziati, per 35.881 posti, con 1.825 Comuni interessati.

Vengono poi anche definiti nuovi obblighi di trasparenza posti in capo alle cooperative sociali che svolgono attività in favore di stranieri (articolo 12-ter del Decreto), che sono tenute a pubblicare trimestralmente sui propri siti web l’elenco dei soggetti a cui vengono corrisposte le somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale.

 

Cosa succede ai richiedenti asilo ancora in attesa di risposta o ai titolari di protezione umanitaria?

Il Ministero chiarisce in maniera inequivocabile che i richiedenti asilo ancora in attesa di risposta alla loro domanda di protezione internazionale o i titolari di protezione umanitaria non debbono essere espulsi dai centri che li accolgono.

Con disciplina transitoria è infatti previsto (articolo 12 del Decreto Sicurezza, commi 5 e 6) che i richiedenti asilo e i titolari di permesso umanitario in corso di validità rilasciato ai sensi della precedente normativa, già presenti nel sistema SPRAR alla data del 5 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del Decreto stesso), rimangano in accoglienza fino alla scadenza del progetto in corso o fino all’eventuale rigetto della domanda di protezione internazionale.
Inoltre, coloro che hanno proposto un ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego di riconoscimento dello status di protezione internazionale continueranno a permanere in accoglienza fino alla decisione definitiva.
Anche i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo rimangono, al compimento della maggiore età, nei centri di accoglienza secondaria fino alla definizione della domanda di protezione internazionale (articolo 12 del Decreto Sicurezza, comma 5-bis).

Gli enti locali potranno quindi portare a naturale scadenza i progetti già finanziati, senza subire interruzioni.

Il testo della Circolare del Ministero dell’Interno: “Le SS.LL. [i prefetti] avranno cura di rendere partecipi i Sindaci dei territori interessati dalle presenze nei centri affinché possano disporre degli occorrenti elementi di rassicurazione circa l’assoluta, sostanziale invarianza delle regole di accoglienza delle persone già ospiti in tali strutture, per le motivazioni sopra esposte, con ciò contribuendo a dissipare l’immotivata diffusione di preoccupazioni circa gli effetti che la nuova normativa produrrebbe in termini di incremento della ‘marginalità sociale’”.

Il Decreto non apporta modifiche nemmeno in merito alla possibilità, per i titolari di protezione umanitaria, di permanere nei centri di prima accoglienza o nei centri di accoglienza straordinaria .  Ora, come prima, gli immigrati dovrebbero lasciare la struttura di accoglienza (ad esempio un CAS) al ricevimento del permesso di soggiorno, per avviare un autonomo percorso di inserimento socio-lavorativo in Italia.

 

La Circolare del Ministero dell’Interno datata 18 Dicembre 2018, in .pdf (scaricabile):

Circolare Ministero Interno - Decreto Sicurezza - 18dic2018

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