La “procedura per disavanzo eccessivo” viene avviata dall’Unione Europea nel momento in cui non vengono rispettati i parametri del patto di stabilità e crescita siglato a tutela della stabilità dell’Eurozona e si basa sostanzialmente sulla verifica di due criteri:
– se il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto interno lordo (PIL) superi il valore di riferimento del 3 %, e
– se il rapporto debito/PIL superi il valore di riferimento fissato al 60 % (a meno che non si stia riducendo in misura sufficiente e/o non ci si stia avvicinando al valore di riferimento a un ritmo adeguato).
Le criticità italiane
La Commissione UE non può non sottolineare le ben note (e ormai croniche) criticità del sistema Italia.
La quota ancora consistente della spesa pubblica complessiva destinata alle pensioni di vecchiaia e al servizio del debito comprime gli elementi della spesa a favore della crescita, come l’istruzione e le infrastrutture.
L’elevato debito pubblico italiano è una notevole fonte di vulnerabilità per l’economia.
La modesta crescita della produttività continua a limitare la crescita potenziale dell’Italia e ostacola una più rapida riduzione del rapporto debito/PIL.
L’elevato carico fiscale sui fattori di produzione e un adempimento degli obblighi tributari ancora scarso continuano a frenare la crescita economica.
La crescita dell’occupazione è stata favorita dalle riforme del mercato del lavoro e dagli incentivi all’assunzione, ma è stata in gran parte determinata da contratti a tempo determinato, mentre persistono elevati livelli di disoccupazione di lunga durata e giovanile che gravano sulle future prospettive di crescita economica.
Il contesto in cui operano le imprese continua a frenare l’imprenditorialità, anche a causa di carenze nella pubblica amministrazione e di procedimenti di giustizia civile e penale molto lunghi.
Gli investimenti, in particolare in attività immateriali, sono ancora modesti.
Il PIL italiano è ancora al di sotto del livello pre-crisi e non è cresciuto rispetto a 15 anni fa, mentre la crescita annua ha raggiunto una media dell’1,2 % nel resto della zona euro.
In tale contesto, dice quindi la Commissione UE, è importante che l’Italia porti avanti processi di riforma al fine di migliorare le prospettive di crescita a medio termine e rafforzare la sostenibilità delle finanze pubbliche del paese.
Il debito e il disavanzo
I dati di ottobre 2018 indicano che il disavanzo pubblico dell’Italia è sceso al 2,4 % del PIL nel 2017 (dal 2,5 % del 2016), mentre il debito si è stabilizzato al 131,2 % del PIL (rispetto al 131,4 % del 2016), ossia al di sopra del valore di riferimento del 60 % del PIL.
Il disavanzo pubblico dell’Italia rispetta comunque, per ora, il valore di riferimento del 3 % del PIL e l’Italia può vantare un avanzo primario (la differenza tra spesa pubblica ed entrate al netto della spesa per interessi) in positivo da diversi anni ormai.
Tuttavia, sottolinea la Commissione, la disciplina di bilancio si è allentata negli ultimi anni: nel 2017 l’avanzo primario è sceso all’1,4 % (dal 2% del periodo 2010-2013) e il disavanzo nominale si è stabilizzato attorno al 2,4 % del PIL.
Per il futuro, nell’ipotesi di politiche invariate, la Commissione prevede un disavanzo pubblico pari all’1,9 % del PIL nel 2018, al 2,9 % nel 2019 fino a raggiungere il 3,1 % del PIL nel 2020 (il nostro DEF prevede invece che il disavanzo nominale scenda al 2,1 % del PIL nel 2020).
La ragione del deterioramento della situazione secondo la Commissione? Una crescita del PIL più bassa e a una spesa per interessi sul debito più alta rispetto alle previsioni del Governo italiano.
Anche per quanto concerne il debito pubblico, le stime e le valutazioni divergono.
Sulla base del documento programmatico di bilancio 2019 del Governo, il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere progressivamente al 130,9 % nel 2018, al 129,2 % nel 2019 e al 127,3 % nel 2020. Secondo le previsioni della Commissione, invece, dovrebbe rimanere stabile al 131 % del PIL nel periodo 2018-2020.
La differenza è legata a proiezioni della Commissione significativamente più basse per quanto riguarda la crescita nominale e più elevate per la spesa per interessi, a un conseguente incremento del debito, a una diminuzione dell’avanzo primario (circa 1 % del PIL) e a proventi delle privatizzazioni più bassi di quanto sperato.
La Commissione prevede insomma che il notevole peggioramento dell’avanzo primario e l’aumento della spesa per interessi determineranno un ulteriore intralcio per la riduzione del debito.
A medio/lungo termine l’Italia dovrà confrontarsi con sfide importanti in materia di sostenibilità e rinnovo del suo enorme debito pubblico, dato che potrà essere esposta a improvvisi aumenti dell’avversione al rischio sui mercati finanziari con conseguente (probabile) aumento dei tassi di interesse sui suoi titoli di Stato e rischio di ricadute negative sul settore bancario e sulle condizioni di finanziamento delle imprese e delle famiglie
La manovra italiana
Dato il quadro macroeconomico non idilliaco, la Commissione si chiede allora perché indebitarsi improduttivamente. Nel complesso la composizione del documento programmatico di bilancio 2019 non sembra in grado di aumentare la crescita potenziale.
Il documento programmatico di bilancio 2019 del Governo contiene anzi, secondo la Commissione, disposizioni che rappresenteranno una retromarcia rispetto ai progressi compiuti in passato.
A loro modo di vedere:
– la manovra aumenta in modo sostanziale la spesa pubblica per le pensioni di vecchiaia e comporta un sostanziale allentamento delle condizioni per il prepensionamento, fissando la soglia pertinente a 62 anni di età e 38 anni di contributi. Il costo aggiuntivo della “Quota 100”, stimato intorno allo 0,4 % del PIL nel 2019, dovrebbe quindi aumentare in modo significativo la spesa pubblica dell’Italia senza fungere da volano occupazionale;
– le riforme fiscali per i lavoratori autonomi e le imprese sarebbero finalizzate alla crescita economica ma il loro effetto potrebbe essere controbilanciato dalla prevista abrogazione di alcune misure rivelatesi efficaci nel sostenere gli investimenti e la capitalizzazione delle imprese (come ad esempio la cancellazione del regime fiscale favorevole sugli utili reinvestiti nel quadro dell’ACE o la riduzione delle aliquote dell’imposta sulle società per le imprese che assumono o investono);
– ci si attende che il rafforzamento della fatturazione elettronica contribuisca a ridurre l’ammanco di gettito IVA, in quanto fornirà all’Agenzia delle Entrate informazioni più tempestive e accurate che le consentiranno di svolgere ispezioni mirate, con effetti deterrenti sui contribuenti. Si prevede tuttavia che le nuove possibilità offerte ai contribuenti di estinguere i debiti fiscali pregressi o di dichiarare il reddito precedentemente omesso beneficiando di condizioni vantaggiose producano un effetto opposto, premiando implicitamente i comportamenti evasivi;
– i proventi delle privatizzazioni hanno sempre disatteso gli obiettivi previsti dai precedenti Governi e la Commissione considera eccessivamente ottimistico sperare in una inversione di questo trend proprio nel prossimo triennio;
– la ripresa degli investimenti pubblici nel biennio 2019-2020 grazie ai fondi supplementari stanziati e alle misure adottate è considerato in linea con le raccomandazioni UE che invitavano a promuovere la ricerca, l’innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture mediante investimenti più mirati e una maggiore partecipazione all’istruzione terziaria professionalizzante [nel 2017 il rapporto investimenti pubblici/PIL si è attestato al 2 % del PIL; il documento programmatico di bilancio 2019 prevede una ulteriore lieve flessione del rapporto investimenti pubblici/PIL all’1,9 % del PIL nel 2018 per poi tornare a crescere dello 0,2 % del PIL nel 2019 ];
– i commenti relativi al reddito di cittadinanza (considerato dal Governo Italiano in linea con le raccomandazioni UE del 2018 volte ad aumentare la spesa sociale, riformare le politiche attive del mercato del lavoro e aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro mediante la razionalizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie) sono rimandati a quando i decreti attuativi ne forniranno i dettagli.
La relazione della Commissione UE del 21 Novembre 2018 sul documento programmatico di bilancio 2019 dell’Italia, in .pdf (scaricabile):
La relazione della Commissione UE sul documento di bilancio italiano - 21nov2018