Il “Decreto Dignità” (DL 87/2018) adesso è legge: esaminiamo in maniera analitica le modifiche apportate al testo licenziato dal Governo dalla Legge di conversione n. 96/2018.
Nell’articolo che segue, le modifiche introdotte durante l’esame parlamentare sono state sottolineate; una versione consolidata del Decreto è inoltre disponibile (in .pdf, scaricabile) alla fine dell’articolo.
MISURE PER IL CONTRASTO AL PRECARIATO
Articolo 1
L’articolo si propone di limitare l’utilizzo indiscriminato dei contratti a termine nel settore privato (i contratti della pubblica amministrazione sono esclusi) andando a modificare alcuni articoli del Decreto Legislativo 81/2015.
Le nuove norme riducono la durata massima del contratto di lavoro a termine, pari nella disciplina finora vigente a 36 mesi, prevedendo un limite di 12 mesi.
Tranne che nel caso di contratti per attività stagionali, il contratto a termine può ora essere prorogato senza l’indicazione di una ragione specifica solo nei primi dodici mesi di durata e per un massimo di quattro volte (la norma previgente disponeva cinque).
I soli casi in cui il contratto può avere una durata superiore ai 12 mesi sono quelli stipulati per rispondere a “esigenze temporanee e oggettive”, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, che inducano alla sostituzione di altri lavoratori o a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività lavorativa ordinaria.
In queste situazioni il limite massimo per un contratto a tempo determinato è di 24 mesi e la ragione che ha portato all’estensione da 12 a 24 mesi va chiaramente identificata per iscritto nel contratto.
In caso di assenza delle ragioni specifiche che giustifichino il superamento – con un unico contratto ovvero mediante proroghe o rinnovi – del suddetto limite di 12 mesi, o comunque nel caso di una quinta proroga, il contratto si trasforma a tempo indeterminato.
Si rammenta che la proroga si sostanzia in un mero differimento temporale del contratto (ho un contratto di 7 mesi che scade il 30 settembre e il 28 settembre il datore di lavoro me lo proroga fino al 31 ottobre) mentre il rinnovo presuppone una rinegoziazione delle condizioni effettuata al momento della scadenza o in fase successiva.
Per le attività stagionali, come detto, i rinnovi e le proroghe dei contratti a termine possano essere concordati anche in assenza delle specifiche “esigenze temporanee ed oggettive” di cui sopra.
Viene poi elevato da 120 a 180 giorni il termine per l’impugnazione del carattere a tempo determinato del contratto di lavoro.
Per i rapporti di lavoro di durata superiore a 12 giorni, il termine del contratto di lavoro deve risultare da atto scritto, da consegnarsi al dipendente entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
Le nuove disposizioni si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 87/2018, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti successivi al 31 ottobre 2018.
L’articolo specifica infine [comma 0a)] che i rapporti di collaborazione degli operatori del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) del Club alpino italiano (CAI) rientrano nelle fattispecie per le quali è escluso l’assoggettamento alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Articolo 1-bis
L’articolo prevede una riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati, con riferimento alle assunzioni con contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, effettuate nel biennio 2019-2020.
Il datore di lavoro godrà di una riduzione del 50% dei contributi previdenziali a suo carico, fino a un massimo di 3000 euro l’anno e per un massimo di tre anni, per assunzioni di soggetti aventi meno di 35 anni di età e che non abbiano avuto (neanche con altri datori di lavoro) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato (l’apprendistato non si considera come tale).
Verrà emanato un apposito decreto interministeriale per illustrare le modalità operative necessarie a fruire della riduzione.
Articolo 2
Nella “somministrazione di lavoro” l’attività lavorativa viene svolta da un dipendente dell’impresa somministratrice nell’interesse di un altro soggetto che ne utilizza la prestazione (utilizzatore): in sostanza, il lavoratore è assunto e retribuito dall’impresa somministratrice ma svolge la propria attività sotto la direzione ed il controllo dell’impresa utilizzatrice.
Il comma 01 introdotto dalla Camera inquadra i rapporti instaurati per la fornitura di lavoro portuale temporaneo tra le fattispecie a cui non si applica la disciplina generale sui contratti a termine.
Il comma 02 introduce invece un limite quantitativo ai contratti di somministrazione a tempo determinato stipulati da privati: non potranno infatti superare il 30 % del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso il datore di lavoro nell’anno in esame.
Da tale previsione sono comunque esclusi i lavoratori in mobilità, i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e i lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” come individuati dal DM 18 ottobre 2017.
I restanti commi intervengono disciplinando i rapporti di lavoro a tempo determinato tra somministratore e lavoratore (sempre tra privati, i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione sono esclusi) che devono essere soggetti alla disciplina in materia di lavoro a tempo determinato (DLgs 81/2015, come modificato dal presente DL 87/2018) per quanto concerne durata, proroghe, rinnovi e causalità dei contratti a termine.
Non si applica però la regola secondo la quale (art. 21, comma 2, DLgs 81/2015) se il lavoratore viene riassunto a tempo determinato entro 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi (o entro 20 giorni per un contratto di durata superiore), il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Ugualmente, non si applica la regola del diritto di precedenza per l’assunzione a tempo indeterminato per un lavoratore che abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi presso la stessa azienda (art. 24, comma 2, DLgs 81/2015).
Il comma 1-bis introduce la disciplina della somministrazione fraudolenta: quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Il comma 1-ter dispone infine che, nel contratto di somministrazione a tempo determinato, è l’utilizzatore che deve fornire adeguate giustificazioni in merito alle “esigenze temporanee e oggettive” (di cui all’articolo 1 del DL 87/2018) in caso di proroga del contratto oltre i 12 mesi.
Articolo 2-bis
L’articolo reca una serie di modifiche alla disciplina delle prestazioni occasionali, disciplinate dall’art. 54-bis del DL 50/2017 (ovvero le attività lavorative che danno luogo a compensi annui inferiori a 5000 euro).
Al comma 1, lettera a), si dispone che i compensi per prestazioni di lavoro occasionale percepiti da determinati soggetti (pensionati, giovani sotto i venticinque anni iscritti regolarmente a un corso di studi, disoccupati, percettori di prestazioni integrative del salario o di reddito di inclusione) possano continuare a essere computati nella misura del 75% del loro importo (fino a un massimo di 5000 euro/anno), purché i prestatori autocertifichino la propria condizione registrandosi sulla piattaforma informatica INPS dedicata.
Alla lettera b) si dispone che il lavoratore agricolo (occasionale), per poter offrire la sua prestazione, autocertifichi la sua non iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli dell’anno precedente, al fine di garantire la reale “occasionalità” del rapporto di lavoro.
Il datore di lavoro agricolo non sarà sanzionato nel caso in cui il lavoratore autocertifichi informazioni incomplete o non veritiere [lettera g)].
Alla lettera c) si consente il ricorso del contratto di prestazione occasionale anche nel settore alberghiero e/o delle strutture che operano nel campo del turismo, purché non abbiano alle loro dipendenze più di otto lavoratori a tempo indeterminato e purché i prestatori occasionali siano pensionati, giovani sotto i venticinque anni iscritti regolarmente a un corso di studi, disoccupati, percettori di prestazioni integrative del salario o di reddito di inclusione.
Alla lettera d) si dispone che ciascun datore di lavoro possa versare le somme dovute per l’attivazione del contratto di prestazione occasionale anche attraverso un consulente del lavoro.
La lettera e) prevede ora che anche gli operatori del settore alberghiero e/o delle strutture che operano nel campo del turismo, nonché gli enti locali (in aggiunta alle imprese agricole) debbano comunicare all’INPS la data di inizio e il monte orario complessivo presunto della prestazione occasionale; la prestazione massima prevista è ora di 10 giorni (invece dei 3 precedentemente contemplati) per tutte le categorie di soggetti sopramenzionati.
Il DL 50/2017 prevede, infatti, che il datore di lavoro occasionale (impresa) sia tenuto a trasmettere all’INPS, almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione, una dichiarazione contenente: a) i dati anagrafici e identificativi del prestatore; b) il luogo di svolgimento della prestazione; c) l’oggetto della prestazione; d) la data e l’ora di inizio e di termine della prestazione ovvero la durata della prestazione; e) il compenso pattuito per la prestazione, in misura non inferiore a 36 euro per prestazioni di durata non superiore a quattro ore continuative nell’arco della giornata.
La lettera e) specifica inoltre che, nel settore agricolo, le quattro ore continuative di prestazione per le quali il salario minimo è di 36 euro sono commisurate con riferimento al nuovo arco temporale di 10 giorni, anziché alla singola giornata.
La lettera f) dispone infine che su richiesta del lavoratore il pagamento possa avvenire, invece che tramite i cosiddetti “vouchers”, presso qualsiasi sportello postale, con spese -però- a carico del lavoratore.
Articolo 3
L’articolo si propone di aumentare l’indennità dovuta al lavoratore nel caso in cui il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa.
Attualmente, l’indennità prevista in caso di licenziamento è pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro mensilità e non superiore a ventiquattro mensilità. La disposizione in esame aumenta l’intervallo entro il quale il giudice può fissare l’indennità, determinandolo in misura compresa tra il minimo di sei mensilità e il massimo di trentasei mensilità.
Inoltre (comma 1-bis), in caso si opti per l’“offerta di conciliazione” prevista dal DLgs 23/2015, l’indennità che il datore di lavoro deve inserire in tale offerta deve essere pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio e, in ogni caso, mai inferiore a tre e non superiore a ventisette mensilità (rispetto alle minimo due e massimo diciotto mensilità fino ad oggi previste).
Per indirizzare i datori di lavoro verso l’utilizzo di forme contrattuali stabili, è aumentato di 0,5 punti percentuali il contributo addizionale (attualmente pari all’ 1,4 per cento della retribuzione imponibile a fini previdenziali) previsto per ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, da versarsi alla “Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego” (NASpI) ente avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito in favore dei lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
Sono esclusi dall’incremento di tale contributo addizionale i contratti di lavoro domestico.
Articolo 3-bis
L’articolo dispone l’obbligo per le Regioni, nel triennio 2019-2021, di rafforzare gli organici dei centri per l’impiego, al fine di garantirne la piena operatività.
Articolo 3-ter
L’articolo prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenti una relazione annuale al Parlamento in merito agli effetti occupazionali e finanziari derivanti dall’applicazione dei precedenti articoli.
SCUOLA
Articolo 4
L’articolo 4 concede al MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) 120 giorni di tempo per dare esecuzione ad ogni provvedimento giurisdizionale che comporti la decadenza di contratti di lavoro stipulati con docenti in possesso di diploma magistrale, inseriti con riserva nelle graduatorie.
La disposizione interviene per dilazionare nel tempo l’esecuzione delle sentenze che dovessero adeguarsi (ipotesi altamente probabile) alla decisione dello scorso dicembre del Consiglio di Stato che ha dichiarato che il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’a.s. 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle cosiddette “graduatorie ad esaurimento” del personale docente, cosa che dovrebbe portare alla risoluzione contrattuale di circa 7500 contratti di lavoro a tempo indeterminato.
In questo contesto, la disposizione si propone l’obiettivo di assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2018/2019 e di salvaguardare la continuità didattica, prevedendo che il MIUR possa provvedere all’esecuzione delle decisioni giurisdizionali che comportino la decadenza dei contratti di lavoro stipulati con i diplomati magistrali entro 120 giorni dalla data di comunicazione di ciascun provvedimento giurisdizionale al Ministero.
Il MIUR provvede poi a dare esecuzione alle decisioni giurisdizionali nei seguenti due modi (comma 1-bis):
– trasformando i contratti di lavoro a tempo indeterminato in contratti a tempo determinato con scadenza al 30 giugno 2019 (termine delle attività didattiche);
– trasformando i contratti di lavoro sulla base dei quali sono state conferite supplenze annuali (fino al 31 agosto 2019) in contratti a tempo determinato con “termine finale non posteriore al 30 giugno 2019”.
I commi 1-ter, 1-quater, 1-decies e 1-undecies recano poi una nuova disciplina per la copertura dei posti nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.
Fermo restando che, annualmente, per il 50% dei posti vacanti e disponibili nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria (sia comuni sia di sostegno) si provvede attingendo alle “graduatorie ad esaurimento”, il presente articolo dispone che, per il restante 50%, si proceda reperendo docenti nelle graduatorie di merito dei concorsi banditi nel 2016. Se ancora vi dovessero essere dei posti non coperti si provvederà alla copertura come segue: per metà dei posti ricorrendo a un nuovo concorso straordinario e, per l’altra metà, mediante ricorso alle graduatorie di concorsi ordinari per titoli ed esami normalmente banditi ogni due anni.
Si dispone, inoltre (comma 1-decies), che l’immissione in ruolo a seguito delle procedure sopra descritte comporta la decadenza da tutte le altre graduatorie, incluse le graduatorie di istituto e le “graduatorie ad esaurimento” e si prevede (comma 1-undecies) che la partecipazione al concorso straordinario e ai nuovi concorsi ordinari sia sottoposta al versamento di un diritto di segreteria.
I commi da 1-quinquies a 1-nonies disciplinano infine le modalità di organizzazione e svolgimento del concorso straordinario per titoli e prova orale.
Si prevede (comma 1-quinquies) che il concorso straordinario sarà bandito in ciascuna regione dal MIUR.
Il concorso è riservato ai docenti che, alla data prevista per la presentazione della domanda, abbiano svolto, negli ultimi 8 anni scolastici, almeno 2 anni di servizio (posto comune o di sostegno) presso scuole statali e siano in possesso di abilitazione all’insegnamento conseguita a seguito di corso di laurea in scienze della formazione primaria o diploma magistrale “con valore di abilitazione” (solo per insegnamento nella scuola materna ed elementare) conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 (o analoghi titoli conseguiti all’estero e riconosciuti in Italia). Per i posti di sostegno, è necessario anche il possesso dello specifico titolo di specializzazione sul sostegno (o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia).
La partecipazione al concorso è consentita ad ogni candidato in una sola regione per tutte le tipologie di posto per le quali abbia i requisiti richiesti (comma 1-septies).
Si dispone infine che, oltre alla valutazione dei titoli, il concorso consta di un’unica prova orale di natura didattico-metodologica. I dettagli relativi al bando (modalità di presentazione, titoli richiesti, ecc..) verranno definiti con decreto del MIUR entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Fin d’ora, si stabilisce però che le graduatorie di merito sono predisposte attribuendo fino a 70 punti ai titoli posseduti e fino a 30 punti alla prova orale.
Articolo 4-bis
Il comma 131 dell’articolo 1 della legge 107/2015 disponeva che i contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti per il personale docente, amministrativo, tecnico/ausiliario della scuola non potessero superare i 36 mesi, anche non continuativi.
La legge 232/2016 aveva poi specificato che i contratti di cui tenere conto per il computo della durata complessiva del servizio già maturato erano quelli sottoscritti a decorrere dal 1 settembre 2016.
Il presente articolo abroga le precedenti disposizioni.
DELOCALIZZAZIONE
Articolo 5
L’articolo si propone lo scopo di arginare il fenomeno della “delocalizzazione” delle attività economiche delle imprese, ossia lo spostamento di attività o di processi produttivi, o delle loro fasi, nel territorio di altri Stati, al fine di ottenere vantaggi competitivi, derivanti da un minor costo della manodopera e/o da una minore regolamentazione del mercato del lavoro, ovvero altri vantaggi, soprattutto in termini fiscali.
La norma dispone che le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell’attribuzione del beneficio, decadono dal beneficio stesso (e devono restituirlo) qualora l’attività economica interessata o una parte di essa venga delocalizzata in Stati non appartenenti all’Unione europea, ad eccezione degli Stati aderenti allo Spazio Economico europeo (Liechtenstein, Norvegia, Svizzera) entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata.
La sanzione amministrativa pecuniaria prevista è il pagamento di una somma di importo da 2 a 4 volte quello dell’aiuto fruito.
La medesima regola si applica (comma 2) per imprese che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati ai fini dell’attribuzione del beneficio.
Le somme raccolte tramite le sanzioni sono destinate al finanziamento di contratti di sviluppo per riconvertire il sito produttivo in disuso a causa della delocalizzazione dell’attività economica, eventualmente anche sostenendo l’acquisizione del sito produttivo da parte degli ex dipendenti.
Articolo 6
L’articolo 6 prevede la decadenza dalla fruizione di specifici benefici per le imprese operanti sul territorio italiano che, pur avendo beneficiato di aiuti di Stato che erano subordinati a una valutazione dell’impatto occupazionale, non abbiano garantito il mantenimento di determinati livelli occupazionali.
Quindi, ad esclusione dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo (ad es. un riassetto organizzativo per una gestione più economica dell’impresa), l’impresa decade dal beneficio se riduce – nei 5 anni successivi alla data di completamento dell’investimento – i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva (o degli addetti all’attività interessata dal beneficio) di una percentuale superiore al 50% del loro numero. In presenza di una riduzione dei livelli occupazionali superiore al 10%, il beneficio viene ridotto in misura proporzionale a tale riduzione.
Articolo 7
La norma prevede un meccanismo di recupero delle agevolazioni concesse (nel caso specifico dell’iperammortamento fiscale, una maggiorazione -pari al 150 per cento- del costo di acquisizione di specifici beni che consente di ammortizzare in bilancio un valore pari al 250 per cento del costo di acquisto) per i casi in cui, nel corso della fruizione del beneficio, i beni agevolati formino oggetto di cessione a titolo oneroso o di delocalizzazione.
La norma stabilisce che, in caso di cessione a titolo oneroso o di delocalizzazione all’estero dei beni per i quali l’impresa ha fruito dell’agevolazione dell’iperammortamento, essa è tenuta a restituire, attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile, i benefìci fiscali applicati nei periodi d’imposta precedenti.
Tuttavia, nel caso in cui l’impresa sostituisca il bene originario con un bene materiale strumentale nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori (cosiddetti “investimenti sostitutivi”), la norma impedisce che si applichi la revoca dell’agevolazione, anche in caso di delocalizzazione.
La norma si applica alle strutture produttive situate nel territorio nazionale e alle “stabili organizzazioni di soggetti non residenti” (ovvero le imprese che, nonostante non siano fisicamente presenti sul territorio, abbiano una “significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato”), per gli investimenti effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 87/2018.
Articolo 8
La norma stabilisce che non si potrà godere del credito d’imposta previsto per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo o per i costi di acquisto di diritti di privativa industriale (come ad esempio un’invenzione industriale o biotecnologica o una nuova varietà vegetale) se tali investimenti derivano da operazioni intragruppo.
Il comma 3 ribadisce poi la condizione secondo cui, ai fini della fruizione del credito di imposta, i costi sostenuti assumono rilevanza solo se i beni immateriali acquisiti vengono utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio.
GIOCO D’AZZARDO
Articolo 9
La relazione illustrativa del Decreto identifica la ludopatia (il “disturbo da gioco d’azzardo”) come un “fenomeno di rilevanti dimensioni” che può dar luogo a una dipendenza socio-economica “con veri e propri effetti patologici, che si riflettono sul soggetto con gravi disagi per la persona, della quale vengono compromessi l’equilibrio familiare, lavorativo e finanziario, anche perché in queste situazioni spesso aumenta il rischio di esposizione all’indebitamento e il ricorso a prestiti usurari”.
La norma vieta quindi qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, che riguardi giochi o scommesse con vincite di denaro, in qualsiasi modo effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali e artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e internet (compresi i social media).
Per i contratti di pubblicità in corso al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) si prevede che continui ad applicarsi la normativa previgente, fino alla loro scadenza, e comunque per non oltre un anno dalla medesima data.
Dal 1° gennaio 2019, il divieto di pubblicizzare giochi e scommesse è esteso anche alle sponsorizzazioni.
Sono esclusi dal divieto le lotterie nazionali a estrazione differita, le manifestazioni di sorte locali, lotterie, tombole e pesche o banchi di beneficenza.
Il comma 1-bis, introdotto dalla Camera, specifica che nelle leggi e negli altri atti normativi, i disturbi correlati a giochi o scommesse con vincite di denaro sono ora definiti come “disturbi da gioco d’azzardo” (DGA).
Il comma 1-ter, anch’esso introdotto dalla Camera, prevede che per le lotterie istantanee indette dal primo gennaio 2019 o ristampate da tale data, i premi uguali o inferiori al costo della giocata non sono ricompresi nelle indicazioni della probabilità di vincita. La modifica riduce, pertanto, la percentuale della probabilità di vincita che viene comunicata al pubblico.
La violazione dei divieti comporta la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore a 50 mila euro per ogni violazione.
Il comma 6-bis – introdotto dalla Camera – affida al Governo il compito di proporre, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, una riforma complessiva in materia di giochi pubblici in modo da assicurare l’eliminazione dei rischi connessi al disturbo del gioco d’azzardo e contrastare il gioco illegale e le frodi a danno dell’erario
Articolo 9-bis
L’articolo 9-bis, prevede che i tagliandi delle lotterie istantanee (ad esempio i “gratta e vinci”) contengano messaggi in lingua italiana recanti avvertenze relative ai rischi connessi al gioco d’azzardo. Il testo e le caratteristiche grafiche delle avvertenze saranno definite da un Decreto del Ministero della Salute. In ogni caso, i messaggi devono coprire almeno il 20 per cento della superficie del tagliando e riportare la seguente dicitura: «Questo gioco nuoce alla salute». I vecchi tagliandi possono ancora essere posti in vendita per un periodo massimo di dodici mesi.
Si prevede infine l’apposizione di formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica dei giochi con vincite in denaro sulle cosiddette slot machines e videolotteries, nonché nelle aree e nei locali dove esse vengano installate.
Articolo 9-ter
L’articolo prevede lo svolgimento di un monitoraggio sull’offerta dei giochi, attraverso l’utilizzo di banche dati sul volume di gioco e sulla sua distribuzione sul territorio, ed una relazione annuale al Parlamento sui risultati di tale monitoraggio.
Articolo 9-quater
L’articolo prevede che l’accesso a slot machines e videolotteries sia consentito esclusivamente mediante l’utilizzo della tessera sanitaria, per impedire l’accesso ai giochi da parte dei minori, e che dal 1 gennaio 2020 siano eliminati da tutti gli esercizi commerciali gli apparecchi che non abbiano tale funzionalità. La sanzione prevista è di 10.000 euro per apparecchio non conforme.
Articolo 9-quinquies
L’articolo istituisce il logo identificativo “No Slot” in favore dei titolari di pubblici esercizi o di circoli privati che eliminino o si impegnino a non installare gli apparecchi da intrattenimento.
SEMPLIFICAZIONE FISCALE
Articolo 10
La norma vigente prevede che, salva la prova contraria da parte del contribuente, il fisco può determinare il reddito presunto del contribuente, in base alle spese effettuate o ad altri elementi indicativi di capacità contributiva (il cosiddetto “redditometro”): in sostanza, il reddito del contribuente deve essere compatibile con le spese da questi sostenute e l’accertamento del fisco scatta soltanto nel caso in cui la differenza fra il reddito dichiarato e quello accertato sia superiore al 20%.
Il comma 1 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze emani il decreto che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva dopo aver sentito l’Istituto nazionale di statistica (Istat) e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa e alla propensione al risparmio dei contribuenti.
Il vecchio decreto ministeriale emanato il 16 settembre 2015, contenente gli elementi indicativi necessari per effettuare l’accertamento, è abrogato e non ha più effetto per i controlli ancora da effettuare sull’anno di imposta 2016 e successivi.
L’istituto del redditometro non troverà quindi ulteriore applicazione fino all’entrata in vigore del nuovo decreto attuativo ai sensi del comma 1.
Articolo 11
L’articolo 11 reca disposizioni sulla trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute (il cosiddetto “spesometro”) da parte dei soggetti passivi IVA.
La norma prevede che la comunicazione dei dati relativi al terzo trimestre 2018 non debba essere effettuata entro il mese di novembre 2018 (come previsto dalla normativa previgente), bensì entro il 28 febbraio 2019.
Dal 1 gennaio 2019, comunque, lo spesometro è abrogato in forza dell’obbligo della fatturazione elettronica tra privati disposto dalla legge di bilancio 2018.
Il comma 2-bis introdotto dalla Camera introduce l’esonero dall’obbligo di annotazione delle fatture nei registri IVA per i soggetti obbligati all’emissione di fatture elettroniche.
I commi 2-ter e 2-quater dispongono inoltre – a far data dal 1 gennaio 2018- l’esonero dallo spesometro, prima previsto solo per i produttori siti in zone montane, per i produttori agricoli assoggettati a regime IVA agevolato, nonché l’esonero dall’obbligo di comunicazione annuale delle loro operazioni rilevanti IVA.
Articolo 11-bis
L’articolo 11-bis rinvia al 1 gennaio 2019 la decorrenza dell’obbligo della fatturazione elettronica per la vendita di carburante a soggetti IVA presso gli impianti stradali di distribuzione, in modo da uniformarlo a quanto previsto dalla normativa generale sulla fatturazione elettronica tra privati.
Dal 1 gennaio 2019 si applicano inoltre le norme che consentono di non certificare con scontrino o ricevuta le cessioni di carburante ai privati e che abrogano l’uso della “scheda carburante” per le imprese (per godere delle agevolazioni fiscali si devono ora utilizzare solo strumenti di pagamento tracciabili).
Dal 1 luglio 2018, si applicano infine le norme che consentono di dedurre dalle imposte sui redditi e di detrarre dall’IVA le sole spese per carburante effettuate con pagamenti tracciabili e che consentono agli esercenti di godere di un credito di imposta pari al 50 per cento delle commissioni addebitate per i pagamenti tramite carta di credito.
Articolo 12
Le pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi, possono godere di un meccanismo di scissione dei pagamenti, il cosiddetto split payment, da applicarsi alle operazioni i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte o ritenuta d’acconto (in sostanza, i compensi dei professionisti): in tali casi, le pubbliche amministrazioni devono versare direttamente all’erario l’IVA che è stata addebitata loro dai fornitori, anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo dal pagamento della relativa imposta.
Il presente articolo abroga tale strumento per le operazioni per cui verrà emessa fattura successivamente al 14 luglio 2018.
Articolo 12-bis
La norma attuale consente alle imprese la compensazione delle cartelle esattoriali notificate entro il 31 dicembre 2017 con crediti certificati, non prescritti, certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti della pubblica amministrazione.
L’articolo 12-bis estende questa possibilità anche all’anno 2018.
Articolo 13
La legge 27 dicembre 2017, n. 205 aveva introdotto la possibilità di esercitare le attività sportive dilettantistiche anche con scopo di lucro, prevedendo l’utilizzo della forma societaria, sia nella forma delle società di persone sia in quella delle società di capitali, con un regime fiscale di favore.
Lo scopo originariamente perseguito dalla norma era quello di superare la distinzione tra sport dilettantistico e professionistico, fondata sulla non lucratività del primo.
Tuttavia, secondo la relazione illustrativa al Decreto, “la suddetta innovazione ha determinato non marginali criticità, innestando strumenti e logiche imprenditoriali nell’ambito di un settore caratterizzato da indiscutibili peculiarità”.
L’articolo 13 abroga le norme sopra citate.
Le forme giuridiche utilizzabili rimangono pertanto l’associazione sportiva priva di personalità giuridica, l’associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato o la società sportiva di capitali costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro.
Come ultima misura contro la precarietà, viene inoltre disposta l’abrogazione delle norme disciplinanti i contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati (quando ancora possibile) dalle società sportive dilettantistiche aventi scopo di lucro.
Il Decreto Legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla Legge 09 agosto 2018, n. 96 (“Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”), in .pdf (scaricabile):
Decreto Legge 12 luglio 2018, n. 87 (versione consolidata)
Il Dossier “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” del Servizio Studi della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, datato 03 Agosto 2018:
Dossier Servizio Studi Camera-Senato 03ago2018 (D18087b)