La Commissione Europea, rispondendo all’invito formulato dai leader dell’Unione Europea (UE) nel Consiglio Europeo del 28 giugno 2018, ha recentemente pubblicato due documenti finalizzati ad illustrare -seppur in maniera preliminare- i concetti di “centri controllati” (o “centri sorvegliati”) e di “intese regionali sugli sbarchi”, nuove soluzioni al problema dei flussi migratori prospettate proprio dal Consiglio Europeo.
“Oggi più che mai abbiamo bisogno di soluzioni europee comuni alla questione migratoria. Siamo pronti a sostenere gli Stati membri e i paesi terzi ai fini di una migliore cooperazione sugli sbarchi delle persone soccorse in mare. Per ottenere risultati concreti e immediati dobbiamo però essere uniti: non soltanto oggi, ma a lungo termine. Dobbiamo adoperarci per soluzioni durature“, ha dichiarato il Commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza, Dimitris Avramopoulos.
I centri controllati
L’obiettivo primario dell’istituzione di “centri controllati” è quello di fornire prima accoglienza e soccorso alle persone sbarcate sul territorio dell’Unione Europea dopo operazioni di salvataggio in mare nonché quello di esaminare celermente i loro casi personali per distinguere le persone bisognose di protezione internazionale dai migranti irregolari che non hanno diritto di restare nell’UE e che devono quindi essere rimpatriati.
Inoltre, i centri controllati dovrebbero permettere una gestione rapida, sicura ed efficace del flusso migratorio (migliore di quella degli attuali “hotspot”) al fine di ridurre il rischio di movimenti secondari tra gli Stati dell’Unione.
I centri verranno gestiti dallo Stato membro ospitante con il pieno sostegno finanziario ed operativo dell’UE e delle agenzie dell’UE (come ad esempio Frontex). Saranno tuttavia istituiti solo su base volontaria (nessun accordo vincolante è stato stipulato dai 28 leader europei) e non sgraveranno gli Stati Membri degli obblighi derivanti dal Regolamento “Dublino III” (come ad esempio le regole che definiscono a chi tocchi l’onere dell’esame delle domande di protezione internazionale), che resta per il momento ancora immodificato.
Secondo le procedure delineate dalla Commissione, una volta che l’imbarcazione abbia attraccato ad un porto europeo, le “squadre di sbarco” dedicate procedono all’identificazione, all’esame di ogni caso individuale e all’assegnazione dei migranti a categorie differenti: quelli che abbiano diritto a presentare domanda di protezione internazionale nel Paese di arrivo, quelli che abbiano diritto a presentare domanda di protezione internazionale in altro Paese (secondo i dettami del Regolamento “Dublino III”) o quelli che debbano essere rimpatriati.
La procedura di screening dovrebbe concludersi in massimo 72 ore (3 giorni), nell’ovvio rispetto di tutte le garanzie di legge previste dall’Unione.
L’assegnazione dei migranti alla loro classe di appartenenza, invece, dovrebbe concludersi – secondo la Commissione – in massimo 8 settimane.
La raccomandazione della Commissione è quella di adottare un “approccio flessibile” nella predisposizione dei centri controllati, in modo che, ad esempio, alcune procedure di richiesta di protezione internazionale possano già essere espletate nei centri assieme alla gestione delle operazioni di rimpatrio.
La UE garantisce pieno sostegno finanziario agli Stati membri per la copertura dei costi sostenuti per la predisposizione dei centri controllati nonché per la remunerazione del personale ivi impiegato (tramite nuovi fondi allocati sull’ “Asylum, Migration and Integration Fund” e sull’ “Internal Security Fund”).
Inoltre, la Commissione propone di stanziare, per gli Stati Membri che accettino i trasferimenti delle persone sbarcate, 6.000 € a migrante.
Si auspica al più presto il lancio di una fase pilota per testare le nuove procedure.
Per gestire l’arrivo di circa 500 migranti, ad esempio, la Commissione ipotizza l’impiego di specifiche squadre di sbarco formate – tra gli altri – da 50 guardie di frontiera europee, 100 interpreti/mediatori culturali, 70 esperti di procedure di richiesta di protezione internazionale, 50 agenti addetti ai rimpatri.
Il documento “Migration: Controlled centres in EU Member States” datato 24 luglio 2018, in .pdf (scaricabile):
Controlled centres in EU Member States, 24jul2018
Le intese regionali sugli sbarchi
Le cosiddette “intese regionali sugli sbarchi”, misura complementare e non sostitutiva dei centri controllati, hanno principalmente due obiettivi: fare in modo che le persone soccorse in mare possano essere sbarcate rapidamente e in condizioni di sicurezza al di fuori dell’Unione Europea nel pieno rispetto dei principi sanciti dal diritto internazionale e che la fase successiva allo sbarco sia gestita in modo da fornire appropriate soluzioni umanitarie ai migranti.
Come sottolineato nel documento della Commissione “The legal and practical feasibility of disembarkation options” del 24 giugno 2018, al fine di non violare le normative internazionali sul principio di non respingimento, l’utilizzo di questa opzione dovrebbe essere limitato esclusivamente ai casi di migranti raccolti in acque internazionali da navigli dell’Unione Europea o ai casi di migranti raccolti in acque internazionali o in acque territoriali di Paesi terzi da navigli di Paesi terzi.
Le “intese” avrebbero quindi lo scopo di sgravare l’Europa dall’eccessivo peso dell’ondata migratoria che la sta affliggendo, prevedendo la predisposizione di centri di sbarco sul territorio degli Stati terzi che accettino di partecipare a questo tipo di partenariato.
In tali centri, grazie anche al fattivo supporto delll’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e dell’IOM (l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), dovrà essere assicurato il pieno rispetto dei diritti umani dei migranti (a differenza di quanto accade ora, ad esempio, su territorio libico) e dovrà altresì essere assicurato che i migranti possano presentare domanda di protezione internazionale ed essere certi che la stessa verrà esaminata celermente ed in maniera imparziale.
Alcuni di loro avranno anche la possibilità di partecipare ai programmi di reinsediamento disponibili.
Coloro i quali risultino non avere diritto alla protezione internazionale, saranno invece rimpatriati.
Tutti gli Stati costieri del Mediterraneo che desiderassero partecipare all’iniziativa delle “intese regionali sugli sbarchi” dovrebbero istituire zone di ricerca e soccorso (SAR) e centri di coordinamento del soccorso in mare (MRCC) al fine di ridurre le morti in mare e assicurare ordine e prevedibilità degli sbarchi.
La Commissione raccomanda inoltre di creare i centri di sbarco il più lontano possibile dai punti di partenza irregolare utilizzati dai trafficanti, per evitare che, una volta considerati non idonei alla protezione internazionale, i migranti decidano di reimbarcarsi illegalmente.
Per la messa in opera di questa iniziativa, così come per la gestione delle attività legate agli sbarchi e alle fasi successive allo sbarco, nonché per lo sviluppo dei programmi di collaborazione coi Paesi terzi coinvolti, l’UE si dichiara pronta ad offrire totale sostegno finanziario e operativo.
Il documento “Migration: Regional disembarkation arrangements” datato 24 luglio 2018, in .pdf (scaricabile):
Regional disembarkation arrangements, 24jul2018