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Novartis, Roche e il caso Lucentis-Avastin (Parte 2 – TAR del Lazio n. 12168/2014)

Novartis e Roche presentano quindi ricorso (siamo sempre nel 2014) innanzi al TAR del Lazio avverso il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Nel ricorso presentato, Novartis nega con forza il perseguimento di una strategia di “artificiosa differenziazione” dei farmaci Avastin e Lucentis.
Le progressive limitazioni all’uso off-label di Avastin, afferma Novartis, non avrebbero nulla a che vedere con l’asserita intesa anticoncorrenziale, essendo semplicemente la conseguenza di legittime decisioni delle autorità competenti (AIFA ed EMA che, tra l’altro, nelle loro valutazioni tecnico-scientifiche avrebbero evidenziato che Avastin e Lucentis non possono considerarsi equivalenti ai fini di terapie oftalmologiche) e dell’adempimento delle stesse da parte delle società farmaceutiche coinvolte (quali, ad esempio, le decisioni assunte da Roche nell’ambito dei suoi obblighi di farmacovigilanza).

Inoltre, Novartis sottolinea i vizi logici che inficerebbero l’individuazione del mercato rilevante adottato dall’Autorità: non vi può infatti essere concorrenza tra un farmaco off-label (Avastin) e uno on-label (Lucentis).
L’ingresso sul mercato di un prodotto farmaceutico dipende dal rilascio di una specifica autorizzazione all’immissione in commercio (“AIC”) che ne definisce anche il perimetro di utilizzazione terapeutica, il dosaggio, e le modalità di somministrazione.
Nel caso specifico, Avastin non è mai stato approvato per il trattamento dei disordini vascolari oculari e per l’uso intravitreale, né in Italia, né altrove nel mondo: dunque, esso non può essere inserito nel mercato dei farmaci deputati al trattamento di tali patologie, tantomeno in ragione del suo uso off-label (ovvero non autorizzato).
Più in particolare, la definizione dei mercati rilevanti nel settore farmaceutico è tradizionalmente basata sull’uso terapeutico discendente dall’AIC, come specificamente riflessa nella classificazione ATC (“Anatomical Therapeutic Chemical”): Lucentis ed Avastin hanno classificazioni ATC completamente diverse e competono quindi su mercati completamente diversi.

Quanto all’ipotizzato comportamento commerciale concertato e collusivo fra le aziende farmaceutiche, Novartis sottolinea che si sta parlando solo di alcuni scambi di informazioni interne che l’Autorità avrebbe indebitamente estrapolato, attribuendo loro significati estranei al relativo contesto storico ed aziendale: si tratterebbe infatti di documenti puramente interni o riferiti ad alcuni limitati contatti,  a livello italiano, fra Novartis Farma e Roche SpA, che sarebbero pienamente legittimi e non suscettibili di determinare alcuna restrizione della concorrenza né in virtù del loro oggetto né in virtù dei loro effetti.

Neppure sarebbe stato provato un qualche effetto di mercato dell’asserita intesa, poiché l’Autorità si sarebbe limitata ad un’astratta ed erronea speculazione teorica in merito agli extra-costi che sarebbero derivati al SSN a fronte dell’uso di Lucentis (invece di Avastin) nelle rilevanti terapie oftalmiche.

Novartis sottolinea a riguardo che l’utilizzo sistematico off-label di un prodotto farmaceutico è illecito in linea di principio e a maggior ragione in relazione a patologie trattabili con farmaci specificamente approvati per le medesime indicazioni terapeutiche: le società farmaceutiche non avrebbero quindi potuto spingere per commercializzare, promuovere o altrimenti supportare le vendite di Avastin (il farmaco meno costose) in ambito oftalmico, in assenza di debita AIC.

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Roche ribadisce a sua volta che non può sussistere alcuna “artificiosa differenziazione” tra Avastin e Lucentis in quanto i due prodotti sono realmente diversi e sulla base di questa differenza sono stati sviluppati.
Gli studi indipendenti posti a base della decisione dell’Autorità, poi, non avrebbero -secondo Roche- affatto sancito la sostanziale equivalenza terapeutica dei due prodotti in termini di efficacia e sicurezza.

Roche sottolinea nuovamente che all’impresa non in possesso di AIC è precluso operare in un determinato mercato e competere con i produttori in possesso di AIC, con la conseguenza che Novartis e Roche non avrebbero potuto essere considerate concorrenti fra loro e pertanto non avrebbero potuto neppure adottare intese restrittive della concorrenza.
Non vi è insomma stata alcuna intesa anticoncorrenziale tra Roche e Novartis; anzi, le decisioni di Roche sono state prese autonomamente, in ottemperanza ai propri obblighi di farmacovigilanza e in perfetta coerenza con la posizione sempre tenuta da Roche a proposito dell’uso off-label di Avastin (ovvero un uso non raccomandato).

Le Autorità regolatorie, prosegue Roche, provvedono a verificare la sicurezza dei prodotti farmaceutici anche dopo l’inizio della loro commercializzazione e tale attività, nota appunto come farmacovigilanza, corrisponde al monitoraggio continuo dei rischi dei prodotti per la salute dei pazienti e per la salute pubblica.
In tale contesto, specifici obblighi gravano sul titolare dell’AIC del farmaco, quali la raccolta e la comunicazione di ogni evento avverso di cui abbia notizia, anche se riferito ad un utilizzo off–label, e richiesta di modifica del Riassunto della caratteristiche del prodotto (“RCP”) anche per l’eventuale utilizzo off-label dello stesso, così come è stato fatto, senza secondi e reconditi fini.

I contatti fra le filiali italiane di Novartis e Roche sono stati del tutto fisiologici e assolutamente legittimi, posto che sono avvenuti tra due soggetti legati da un rapporto contrattuale (verticale) licenziante-licenziatario relativo al Lucentis (ricordiamo che Genentech ha un accordo commerciale con Novartis per Lucentis e che Genentech è una controllata di Roche).

In realtà, chiosa Roche, dalle risultanze istruttorie emerge in maniera lampante che, nel periodo di durata della presunta intesa, l’unico ostacolo all’utilizzo off-label di Avastin avrebbe potuto essere rappresentato dalla determinazione del 18 ottobre 2012, con cui l’AIFA aveva completamente eliminato Avastin off -label dalla “Lista 648” (che ne prevedeva la totale rimborsabilità da parte del SSN), favorendo così l’utilizzo di Lucentis sul mercato dei farmaci oftalmologici.

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Il necessario presupposto affinché si possa configurare l’intesa anticoncorrenziale in esame, dice il TAR, è costituito dalla sostituibilità dei prodotti oggetto dell’intesa nelle medesime terapie oculari.
Se sono sostituibili, competono sullo stesso mercato, indipendentemente dal loro uso off-label o on-label o dalla loro classificazione ATC.

A tal riguardo, il TAR rileva che
– entrambi i farmaci hanno il medesimo meccanismo d’azione, che consiste nell’intervento interdittivo attuato su un gruppo di proteine operanti come fattori della crescita dei vasi sanguigni (di qui l’espressione “farmaci anti angiogenici”);
– gli studi condotti dalla ricerca e dalla sperimentazione medica indipendente hanno effettivamente dato esiti positivi, che hanno poi condotto ad un impiego sempre più diffuso da parte di clinici indipendenti dell’impiego off-label di Avastin;
–  l’impiego off-label di prodotti farmaceutici non è “illecito in via di principio”, come asserito da Novartis, ma è un fenomeno lecito e diffuso in tutto il mondo, consentito anche nell’ordinamento italiano, purché, come nel caso dell’Avastin, sia il frutto di una valutazione del medico curante, ossia di un soggetto di sicura professionalità e competenza. Nell’ordinamento italiano, inoltre, l’uso off-label di farmaci è talvolta anche ammesso a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). valutazione della competente agenzia nazionale del farmaco, ossia l’AlFA, che, laddove reputi soddisfatte le condizioni richieste dalla legge, iscrive il farmaco in una apposita lista, detta lista 648, dal numero della legge che, nel 1996, ha introdotto questa opportunità.
– l’idoneità e sicurezza dell’uso oftalmico di Avastin ha avuto ampi riconoscimenti anche in ambito internazionale, fino ad indurre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) nell’aprile 2013, ad inserire il relativo principio attivo nella Model List of Essential Medicines (sezione dei preparati oftalmici), una lista che rappresenta il principale riferimento a livello internazionale dei farmaci essenziali che ciascun SSN dovrebbe fornire ai propri pazienti.

Stante quanto sopra, la sostituibilità dell’Avastin rispetto al Lucentis nella cura delle medesime patologie della vista, è secondo il TAR appurata.

Il TAR deve poi verificare se vi sia stata un’effettiva intesa anticompetitiva fra le imprese ricorrenti.

Gli  scambi di comunicazioni scritte tra Roche e Novartis dimostrano che il rapporto di concorrenza che ha indubbiamente interessato Lucentis e Avastin (nonostante le ripetute smentite delle due società) ha preoccupato molto presto il gruppo Novartis che si è reso conto di non poter intraprendere in autonomia una battaglia vincente per fronteggiare un eventuale nuova indicazione di Avastin in campo oftalmico; conseguentemente, Roche e Novartis si sono risolte ad un’azione concordata al fine di mettere in atto una differenziazione artificiosa dei due prodotti mediante l’enfatizzazione dei rischi connessi all’uso intravitreale di Avastin.

Quando EMA (l’Agenzia Europea del Farmaco) acconsente solo ad una “mera integrazione” della sezione 4.4 del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Avastin, quella relativa alle condizioni di impiego del farmaco (a causa dei rischi connessi ai pericoli di infezione che si possono creare al momento dell’iniezione intravitreale), una delle prime preoccupazioni di Roche è quella di informare Novartis per concordare una reazione efficace a questo, per loro, non felice risultato (“Sì, informiamo Novartis e poi decidiamo come procedere“).
La strategia che le imprese discutono insieme è  quella di enfatizzare quanto più possibile il risultato conseguito, che, pur non raggiungendo gli esiti sperati, rappresenta comunque un cambiamento da sfruttare nella strategia di “differenziazione”.
Quando EMA vieta poi l’invio di lettere di allerta agli operatori medici (le cosiddette “Dear Health Care Professional letters” o “DHCP letters”) in relazione alla modifica del RCP sopra descritta, Novartis propone alla sua concorrente di procedere comunque con una risposta “proattiva, che sottolinei aspetti etici e rischi professionali“.
Quindi, non solo Novartis segue vicende interne al gruppo Roche che le dovrebbero essere del tutto nascoste, ma addirittura concorda con Roche iniziative relative all’Avastin che solo Roche avrebbe dovuto gestire.

Quanto all’oggetto anticompetitivo ed agli effetti dell’intesa, il TAR osserva che l’unico obiettivo ravvisabile nella concertazione accertata era la restrizione della concorrenza nella forma della limitazione delle vendite di un prodotto (meno costoso) a favore di un altro (più costoso), dal quale entrambe le parti dell’intesa traevano i loro maggiori utili.

Quello che viene imputato alle due imprese è, in sintesi, il fatto di non aver scientemente sviluppato Avastin in campo oftalmico, pur avendone avuto tutte le possibilità, per favorire sul mercato il prodotto più costoso e trarne così profitto.

La rilevanza dei conseguenti effetti per il mercato è poi confermata dal forte divario di prezzo fra i due medicinali (in un rapporto da 1 a 20) e dall’ingente numero di pazienti affetti da patologie potenzialmente curabili con entrambi i farmaci.

Secondo il TAR, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha dunque svolto una adeguata istruttoria, che ha condotto al rinvenimento di numerosi ed univoci elementi indiziari circa la ragionevole sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, volontariamente e sistematicamente adottata e poi attuata dai vertici aziendali delle società ricorrenti per lucrare un indebito vantaggio anticoncorrenziale dalla differenziazione delle vendite dei due farmaci.

Anche la sanzione comminata viene considerata adeguata.

 

TAR del Lazio  -Sezione Prima – Sentenza n. 12168 del 2014, in .pdf (scaricabile):

TAR - Sentenza 12168-2014

 

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