L’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) prescrive che tutti gli accordi tra imprese che impediscano, restringano o falsino il gioco della concorrenza sono incompatibili con il mercato interno dell’Unione e debbano essere sanzionati.
La controversia in oggetto verte sulla commercializzazione di due farmaci, Avastin (commercializzato da Roche) e Lucentis (da Novartis) e sulle potenziali infrazioni del citato articolo 101 TFUE da parte delle due aziende farmaceutiche, nello specifico un’intesa anti concorrenziale nel periodo compreso tra il 1 giugno 2011 e il 27 febbraio 2014 sanzionata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
A seguito di tale sanzione le due società hanno presentato ricorso innanzi al TAR del Lazio, quindi al Consiglio di Stato, per giungere a un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea che si è espressa sul punto il 23 gennaio 2018.
L’oggetto del contendere e la sanzione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 27 Febbraio 2014
Avastin (bevacizumab) e Lucentis (ranibizumab) sono due farmaci, sviluppati dalla società americana Genentech e impiegati (a diverso titolo) nella cura di patologie della vista dovute a disordini vascolari oculari, quali maculopatie e glaucoma.
Per essere più precisi, nel 1993 Genetech scopre un anticorpo in grado di inibire l’azione della proteina VEGF responsabile della crescita dei vasi sanguigni, inclusi quelli che irrorano i tumori in alcune patologie oncologiche: tale anticorpo è bevacizumab e verrà registrato sotto il nome di Avastin per cure oncologiche.
Pensando ad altri possibili utilizzi del farmaco (quali quelli relativi alla cura di altre patologie vascolari come, in campo oftalmico, la degenerazione maculare senile – AMD), i ricercatori di Genentech giungono alla conclusione che bevacizumab non sia un buon candidato, dal punto di vista dell’efficacia e della sicurezza, per la cura dell’AMD a causa della sua lunga emivita e delle sue grandi dimensioni non reputate ideali per una efficace penetrazione nella retina via iniezione intravitreale.
Per queste ragioni, Genentech non ritiene prudente utilizzare bevacizumab in campo oftalmico e decide invece di sviluppare un altro farmaco: ranibizumab (Lucentis), un frammento di anticorpo specifico anti-VEGF anziché un anticorpo completo (come bevacizumab), più adatto agli impieghi oftalmici.
Nel 1999, Roche (che controlla Genentech, detenendone partecipazioni maggioritarie) decide di esercitare un’opzione per il principio attivo bevacizumab, alla base di Avastin, rinunciando invece a ranibizumab.
Secondo tale accordo, Genentech mantiene i diritti di commercializzazione esclusiva di Avastin per il solo territorio degli USA e cede a Roche quelli relativi al resto del mondo.
Ranibizumab è poi l’oggetto di un separato accordo Genentech-Novartis, nel giugno 2003: anche in questo caso, Genentech mantiene i diritti di commercializzazione esclusiva di Lucentis per il solo territorio degli USA, cedendo a Novartis quelli relativi al resto del mondo.
Lucentis viene quindi autorizzato al commercio per uso oftalmico nel 2007 mentre Avastin lo è già da circa un paio di anni per uso oncologico.
È proprio questa distanza temporale tra il lancio sul mercato di Avastin e quello di Lucentis (dovuta allo sfasamento nell’avvio delle rispettive attività di sviluppo) a far sì che Avastin, l’unico farmaco anti-VEGF disponibile in commercio, venga utilizzato da alcuni medici e ricercatori indipendenti sui loro pazienti affetti da AMD, nonostante Avastin non fosse autorizzato per tale indicazione terapeutica (c.d. utilizzo off-label).
A partire dal 2007, quindi, le due società si trovano di fronte ad un’inattesa sovrapposizione dei due farmaci nel campo della cura delle patologie della vista: Avastin non dovrebbe essere utilizzato in ambito oftalmico ma i medici lo prescrivono comunque perché non vi sono altre alternative e perché i risultati sui pazienti sembrano positivi.
Tuttavia, nel mese di aprile 2007, non appena Lucentis è approvato per l’indicazione della degenerazione maculare senile di tipo umido (e quindi non appena vi è un’alternativa sul mercato), Roche riceve una “warning letter” da EMA (l’Agenzia Europea del Farmaco) relativamente all’uso off-label di Avastin in campo oftalmico e, nel rispetto dei propri obblighi di farmacovigilanza, si adopera per limitarne l’uso.
A maggio 2010 e giugno 2011, Roche richiede così la modifica del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di Avastin col richiamo a seri eventi avversi riconducibili a iniezioni intravitreali di Avastin.
Tuttavia, le valutazioni di sicurezza di EMA e Roche divergono.
EMA non accetta infatti variazioni alla sezione “effetti indesiderati” del farmaco (quelli intesi come possibili conseguenze derivanti dall’uso in sé del farmaco stesso) poiché -secondo EMA- nonostante l’uso off-label di Avastin vada limitato, le differenze in termini di eventi avversi riscontrate tra Avastin e Lucentis non sono statisticamente significative e gli eventi avversi sistemici sono comunque riconducibili alle terapie anti-angiogeniche nella loro generalità [“non ci sono evidenze che bevacizumab sia sistematicamente più insicuro di ranibizumab e viceversa”].
Le modifiche al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto saranno infine apportate qualche tempo dopo (il 30 agosto 2012) alla sezione 4.4 “Avvertenze speciali e precauzioni di impiego” ma non -appunto- alla sezione 4.8 “Effetti indesiderati” [sezione 4.4: “Uso intravitreale. Avastin non è formulato per l’uso intravitreale. Patologie dell’occhio. In seguito all’uso intravitreale non approvato di Avastin, composto da flaconcini approvati per somministrazione endovenosa in pazienti oncologici, sono state segnalate gravi reazioni avverse oculari sia individuali che in gruppi di pazienti]”.
Nel mentre, studi comparativi indipendenti promossi da enti pubblici rilevano una sostanziale equivalenza tra Avastin e Lucentis dal punto dell’efficacia e della sicurezza in ambito oftalmologico.
Il 17 gennaio 2013, EMA rigetta anche le conclusioni proposte da Novartis circa la maggior sicurezza di Lucentis rispetto ad altri farmaci anti-angiogenici [i dati analizzati, secondo EMA, “erano insufficienti a giustificare un’avvertenza differente che dia l’impressione che Lucentis sia più sicuro rispetto ad altri trattamenti anti- angiogenici sotto il profilo degli eventi avversi sistemici”].
La posizione di Novartis e Roche è comunque chiara: solo Lucentis è approvato dalle autorità competenti per uso oftalmico, solo Lucentis garantisce una adeguata sicurezza per i pazienti e solo Lucentis deve essere utilizzato in tale ambito.
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Stante quanto sopra, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si domanda perché, nonostante i due farmaci abbiano il medesimo meccanismo d’azione (sono entrambe terapie anti-angiogeniche), nonostante il diffuso uso off-label di Avastin e il prezzo per somministrazione di molto inferiore a quello di Lucentis (anche se l’Autorità compara un prodotto finito con un prodotto riconfezionato e utilizzato al dettaglio per una indicazione non autorizzata), né Genentech né Roche abbiano mai provveduto a richiedere alle autorità competenti la registrazione di indicazioni terapeutiche oftalmologiche per Avastin, “disponendo di un farmaco (Avastin) che la comunità scientifica e le evidenze scientifiche considerano sovrapponibile ad altro (Lucentis), in termini di efficacia e sicurezza”.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si domanda inoltre perché entrambe le aziende abbiano intessuto, nello specifico tramite le loro filiali italiane ma non solo, una rete fatta di frequenti rapporti, contatti, comunicazioni ufficiali congiunte relative ad Avastin e Lucentis (come ad esempio quella a Federanziani del 2011/2012) volte a enfatizzare, in modo definito “martellante”, i rischi derivanti dall’uso intravitreale del primo farmaco e un’asserita maggior sicurezza del secondo [“Novartis ci richiede una comunicazione proattiva che sottolinei aspetti etici e rischi professionali degli oftalmologi che utilizzano il farmaco off-label”, scrive Roche].
La conclusione tratta dall’Autorità è che ci si trovi in presenza di una concertazione orizzontale “pervasiva e continuata” volta a ottenere una “differenziazione artificiosa” dei farmaci Avastin e Lucentis, finalizzata ad impedire che le applicazioni off-label di Avastin erodano quelle on-label di Lucentis, dalle quali sia Roche che Novartis traggono i propri maggiori utili.
In altri termini, secondo l’Autorità, in presenza di due farmaci equivalenti sotto ogni profilo in ambito oftalmico, le due imprese hanno artificiosamente differenziato i prodotti per condizionarne la domanda al fine di promuovere il prodotto più costoso.
L’intesa ha infatti consentito la massimizzazione dei profitti di entrambe le imprese: il gruppo Roche (che detiene dal marzo 2009 il controllo totale di Genentech) ha realizzato importanti profitti attraverso le royalties e le fees corrisposte da Novartis a Genentech per le vendite di Lucentis e Novartis ha tratto vantaggio dal crescente fatturato di Lucentis, senza che questo venisse eroso dalle vendite dovute all’uso off-label di Avastin.
Il piano di “differenziazione artificiosa” di Avastin e Lucentis sarebbe avvenuto, da un lato, manipolando la percezione dei rischi dell’uso off-label in ambito oftalmico di Avastin tramite la produzione e diffusione di notizie in grado d’ingenerare preoccupazioni pubbliche sulla sicurezza dei suoi usi intravitreali e minimizzando i risultati scientifici degli studi comparativi, e dall’altro, evitando di sviluppare Avastin per uso oftalmico “accontentandosi” dell’autorizzazione in commercio in ambito oncologico.
Questo, in ragione della sproporzione di costi esistente tra Avastin e Lucentis in ambito oftalmico, ha anche comportato il sostenimento di maggiori costi per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) che l’Autorità ha stimato in 44,8 milioni di euro.
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Roche e Genentech si sono difese sostenendo che Avastin e Lucentis sono “strutturalmente differenti: la molecola bevacizumab, infatti, ha come primario target clinico la cura di patologie tumorali, mentre la molecola ranibizumab è stata sviluppata appositamente per la cura di patologie dell’occhio”.
Per tale ragione, Novartis detiene una autorizzazione per l’immissione in commercio (AIC) per Lucentis in campo oftalmologico mentre Roche non la detiene e non agisce in questo mercato.
Secondo gli avvocati delle aziende farmaceutiche, i gruppi Roche e Novartis non sono quindi in un rapporto di concorrenza orizzontale sul mercato rilevante (perché hanno farmaci che sono autorizzati in aree terapeutiche completamente diverse ed è “il perimetro dell’AIC [che] determina le condizioni alle quali un’impresa ha la facoltà di competere”), ma sono solo parti di un rapporto verticale (ovvero l’accordo commerciale tra Genentech, controllata da Roche, e Novartis per Lucentis) avente ad oggetto un unico prodotto, il Lucentis appunto.
La scelta di “differenziare” i due prodotti non è stata poi un’artificiosa manovra per promuovere il prodotto più costoso ma “è stata una decisione scientifica, autonoma e unilaterale del gruppo Roche, presa anni prima che Novartis avesse qualcosa a che fare con Lucentis”.
Pertanto, non si ravvisa alcuna concertazione perché “la “differenziazione” dei due prodotti è frutto di una decisione unilaterale del gruppo Roche che sfugge all’applicazione dell’art. 101 TFUE.
Inoltre, anche ammettendo che un’intesa in merito alla “differenziazione” dei prodotti fosse esistita, dicono Roche e Novartis, essa avrebbe comunque avuto un oggetto lecito, poiché le imprese si sarebbero semplicemente limitate a definire le modalità operative necessarie ad adempiere a disposizioni normative e regolamentari.
Roche, in particolare avrebbe agito in conformità a obblighi di farmacovigilanza, dal cui adempimento -si sottolinea- dipende anche la possibilità di mantenersi esente da profili di responsabilità del produttore rispetto ai rischi degli usi off-label di Avastin.
Con riferimento ai contatti intercorsi tra le parti, gli avvocati difensori fanno notare che “stanti la natura delle informazioni discusse e la circostanza che la rispettiva posizione di ciascuna delle Parti a proposito dell’utilizzo di Avastin off-label era universalmente nota, è evidente che lo stesso non poteva per definizione annullare/ridurre “il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato” e non ha quindi avuto natura anticoncorrenziale”.
Non sussisterebbe infine un nesso di causalità tra le condotte addebitate e le stime degli effetti economici che ne sarebbero derivati in termini di maggiori costi sostenuti dal SSN o da attori privati, in quanto questi sarebbero riconducibili alle decisioni di AIFA di inserire Avastin nella Lista 648 e quindi di eliminarlo nell’ottobre 2012, decisioni queste “adottate dall’AIFA in totale autonomia e indipendenza, sotto la propria responsabilità e nel quadro dei propri compiti istituzionali”.
Va a tal proposito ricordato che la “Lista 648” è un particolare elenco di farmaci redatto dal Ministero della Salute Italiano il cui costo è totalmente addossato al SSN, pur se utilizzati in maniera off-label (ovvero non autorizzata), nel caso in cui non esista una valida alternativa terapeutica per una specifica patologia [oggi è previsto anche nel caso in cui siano presenti sul mercato farmaci autorizzati alla commercializzazione per lo stesso uso terapeutico purché esistano elementi di comprovata sicurezza del prodotto off-label, ma non lo era all’epoca dei fatti].
Nel caso in esame, Avastin era stato incluso in tale lista ma, con la sopravvenuta disponibilità di farmaci per il trattamento delle patologie oftalmiche inizialmente non coperte e a seguito delle già menzionate modifiche e integrazioni al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto del farmaco introdotte il 30 agosto 2012 da EMA, era stato poi rimosso.
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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato rigetta le argomentazioni delle aziende farmaceutiche.
Le deduzioni difensive, secondo cui la mancata commercializzazione di Avastin per usi oftalmici precluderebbe alla ricomprensione di tale prodotto nel medesimo mercato di Lucentis, non viene considerata fondata dall’Autorità: nella prospettiva antitrust, il mercato rilevante viene infatti valutato tramite gli usi del farmaco – tra cui quelli off-label – adottati nella prassi medica.
L’Autorità conferma che, secondo il suo giudizio, l’intesa mira a ridurre la domanda, e quindi le quantità vendute, di un prodotto meno costoso (Avastin) a favore del più costoso prodotto concorrente (Lucentis) attraverso il condizionamento dei soggetti responsabili delle scelte terapeutiche ovvero i medici; tale intesa investe l’intero territorio della Repubblica Italiana ed è, secondo l’Autorità, suscettibile di pregiudicare il commercio fra gli Stati membri.
Le sanzioni applicate ammontano a 92.028.750 euro per le società Novartis Farma e Novartis, chiamate a risponderne in solido, e di 90.593.369 euro per le società Roche Italia e Roche, chiamate a risponderne in solido.
Il Provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – 27 Febbraio 2014 in .pdf, scaricabile:
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Provvedimento del 27 Febbraio 2014