Sono ormai passati quasi 8 anni dalla caduta del generale Gheddafi ma, nonostante qualche annunciato miglioramento, il cessate il fuoco concordato mesi fa e le elezioni politiche pianificate entro la fine del 2018, la Libia appare lontana dalla stabilità che sarebbe necessaria per diventare un partner affidabile (e rispettoso dei diritti umani) nella gestione dei flussi migratori, come molti rappresentanti degli Stati Membri dell’Unione Europea auspicherebbero.
In Libia è – tra l’altro- ancora presente l’ONU con la sua missione di supporto (la “United Nations Support Mission in Libya” – UNSMIL) e il report allegato è un aggiornamento delle Nazioni Unite sulla situazione politica, economica e umanitaria sul territorio.
La situazione politica
Dal rovesciamento del regime di Mu’ammar Gheddafi nel 2011 e le conseguenti lotte intestine, la Libia si trova oggi ad avere un “Governo di Unità Nazionale” (Government of National Accord, o GNA) creato nel 2015 sotto l’egida delle Nazioni Unite, guidato da Fayez al-Sarraj e basato a Tripoli e un governo rivale legato al generale Khalifa Haftar e al parlamento di Tobruk (che non ha votato il sostegno ad al-Sarraj), nell’est del Paese.
A Tripoli, inoltre, si riunisce ciò che ancora rimane del precedente “Governo di salvezza nazionale” guidato da Khalifa al-Ghawil, creato nel 2014 dai miliziani islamici della coalizione Alba libica (e in cui c’è una forte presenza dei Fratelli musulmani), che rivendica il suo ruolo istituzionale sulla base della legittimazione conferitagli dal parlamento di Tripoli e mantiene una certa capacità di intervento.
Vi è poi l’ISIL (lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante), che ha perso il controllo diretto del territorio ma continua ad essere attivo pianificando complessi attentati terroristici e, da ultimo, va segnalata la presenza sul campo di milizie locali legate a gruppi islamisti e di gruppi armati stranieri (provenienti dal Ciad e da altri Paesi africani) che contribuiscono alla destabilizzazione e al caos ancora imperante nel Paese.
Secondo il rapporto ONU allegato, nella parte Ovest del paese (la Tripolitania), continua a registrarsi una significativa attività militare.
Ad Ottobre 2017, le forze affiliate al Governo di Unità Nazionale libico sono riuscite a sconfiggere a Sabratha due milizie affiliate all’ISIL, dopo tre settimane di intensi combattimenti conclusisi con 43 morti e più di 300 feriti.
Verso la metà di Gennaio 2018, poi, lo scalo di Mitiga (Tripoli) è stato completamente bloccato e i voli sono stati deviati su Misurata a causa degli scontri tra le forze del “Governo di Unità Nazionale” di al-Sarraj e un gruppo di uomini armati vicini al “Governo di salvezza nazionale” di al-Ghawil che pare abbiano tentato di assaltare la prigione che si trova all’interno dell’aeroporto, causando almeno 11 morti e 37 feriti.
Non si fermano nemmeno gli omicidi a sfondo politico: il 17 dicembre 2017 il sindaco di Misurata, Mohamed Eshtewi, è stato rapito e barbaramente ucciso da una banda di uomini armati.
Nella parte est del paese, la Cirenaica, la situazione non è migliore con scontri tra le forze della “Libyan National Army” del generale Haftar che a Benghazi hanno bombardato l’edificio che ospita il Ministero dell’Interno del Governo di Unità Nazionale, per arrestare il ministro Farj al-Gaem e i suoi sostenitori, prelevarlo e -sembra- torturarlo, a causa di precedenti frizioni che avevano portato il ministro a denunciare a più riprese i crimini commessi da Haftar e le sue forze armate.
Lo scorso gennaio, inoltre, un’autobomba è stata fatta esplodere a Benghazi contro esponenti salafiti della “Libyan National Army”, causando più di 30 morti (tra cui diversi bambini) e dozzine di feriti.
Nel sud (Fezzan) la situazione rimane precaria e atti criminali come furti, rapimenti e omicidi accadono purtroppo con preoccupante frequenza.
Un nuovo focolaio di violenze è ad esempio esploso nella città di Sabha, dove si sono fronteggiati diversi gruppi armati, con scontri tra membri della tribù dei Tebu e degli Zaghawa dopo che questi ultimi si erano resi responsabili dell’uccisione di cinque membri della tribù Tebu durante un assalto a un check-point e con combattimenti, scatenati per il controllo delle risorse della zona, tra i mercenari provenienti dal vicino Ciad e uomini della tribù dei Qadhadhfa.
La situazione economica
Sebbene si registri finalmente un significativo miglioramento dell’economia a causa di una crescita della produzione petrolifera e di un incremento dei prezzi internazionali del petrolio, i problemi strutturali che affliggono la regione non sono stati risolti.
Le divisioni politiche e i problemi relativi alla sicurezza accentuano l’instabilità macroeconomica dell’area; la crisi monetaria, caratterizzata da alta inflazione e conseguente perdita di potere di acquisto della popolazione, permane e non si prevedono miglioramenti nel lungo termine.
I diritti umani
La debolezza delle istituzioni e l’esperienza quotidiana di insicurezza contribuiscono a creare un generale clima di terrore nella popolazione.
Gruppi armati appartenenti a ogni fazione continuano a commettere omicidi, rapimenti e a privare illegittimamente della libertà soggetti indifesi. Civili vengono rapiti sulla base della loro identità familiare o tribale o per la loro affiliazione politica, per chiedere ricchi riscatti. Sono stati inoltre documentati diversi arresti giustificati dalla presunta violazione della “pubblica morale” (ad esempio nei confronti di donne che hanno avuto relazioni sessuali al di fuori del matrimonio) sia nella parte orientale che nella parte occidentale della Libia.
L’ONU documenta anche attacchi alle strutture sanitarie di Benghazi, Misurata, Awbari, Sirte e Warshafanah, nonché aggressioni a personale medico durante l’esercizio delle loro funzioni.
In tutto il paese, la detenzione arbitraria continua ad essere ampiamente diffusa sia nelle prigioni ufficiali sia nelle altre strutture di detenzione controllate dai diversi gruppi armati.
L’ONU continua a ricevere denunce e rapporti credibili che parlano di torture, di estorsioni, di condizioni di detenzione inumane (tra cui il grave sovraffollamento, le pessime condizioni igieniche, la mancanza di acqua, la malnutrizione, l’assenza di una adeguata assistenza medico-sanitaria), di stupri e altre forme di violenza sessuale (tra le quali perquisizioni fisiche particolarmente umilianti e degradanti) e di rifiuto arbitrario delle visite di familiari e di avvocati dei detenuti.
Non si fermano nemmeno le uccisioni arbitrarie per mano di rappresentanti governativi, contrabbandieri, trafficanti o gang criminali.
Neanche donne e bambini vengono risparmiati: il rapporto parla di bambini mutilati, feriti o uccisi da incidenti con esplosivi o proiettili vaganti, di altri rapiti e di altri ancora arruolati in gruppi armati per combattere sul territorio.
L’ONU sottolinea anche come non sia mutata la condotta violenta della Guardia Costiera Libica durante le operazioni di salvataggio e intercettazione in mare, con un eccessivo (e spesso gratuito) uso della forza.
I media, gli scrittori e gli attivisti sono continuamente sottoposti a restrizioni dei loro diritti di libertà e di espressione e sono soggetti a loro volta a rapimenti, detenzioni arbitrarie, intimidazioni e minacce.
Ad esempio, il 13 novembre 2017 combattenti della “Libyan National Army” hanno fatto irruzione negli uffici della televisione libica Roh Al-Watan a Bengasi per confiscare tutte le apparecchiature e le registrazioni e arrestare due giornalisti e il 28 Agosto dello stesso anno una manifestazione letteraria a Tripoli è stata censurata dal Ministero della Cultura per la presenza di contenuti “pornografici e immorali” (si presentavano raccolte di storie brevi e poemi di autori libici).
Il Rapporto UNSMIL “Report of the Secretary-General on the United Nations Support Mission in Libya” del 12 Febbraio 2018, in pdf (scaricabile):
United Nations Support Mission in Libya's Report - 12 February 2018