Tutti i migranti accolti in Italia (ad eccezione dei migranti economici) che siano privi di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari hanno diritto ad accedere, a norma dell’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 142/2015, al programma SPRAR (il “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati”).
L’origine di questo programma di accoglienza risale al 2001, quando il Ministero dell’Interno, l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) decisero di siglare un protocollo d’intesa per la realizzazione di un “Programma nazionale asilo”, facendo così nascere “il primo sistema pubblico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, diffuso su tutto il territorio italiano, con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali”.
Lo SPRAR è infatti composto da una rete strutturale di Enti locali che, accedendo su base volontaria al “Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo” (FNPSA), realizzano progetti di accoglienza integrata in cooperazione con numerose realtà del terzo settore presenti sul territorio.
L’allegato “Rapporto Annuale SPRAR – Atlante SPRAR 2016”, pubblicato nel Giugno 2017, fornisce una interessante fotografia dello stato dell’arte e aiuta a comprendere meglio come funzioni e come stia procedendo il programma.
Come si finanzia lo SPRAR?
Lo SPRAR è finanziato da soldi pubblici.
Come disciplinato dal Decreto 10 agosto 2016 del Ministero dell’Interno, il Ministero mette periodicamente a disposizione dei fondi attraverso il “Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo”.
Gli enti locali possono presentare i loro nuovi “progetti di accoglienza” (o una domanda di prosecuzione di progetti già attivi) che verranno valutati da una Commissione composta da rappresentanti del Ministero dell’Interno, dell’ANCI, dell’Unione delle province d’Italia (UPI), dell’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e delle Regioni.
In caso di approvazione del progetto, i Comuni ricevono i finanziamenti stanziati allo scopo e si prendono carico della gestione delle attività proposte, tipicamente tramite ulteriori gare di appalto bandite dai Comuni stessi, che affidano cosi la gestione operativa del “progetto di accoglienza” ai cosiddetti “enti gestori” (cooperative, associazioni, altri soggetti del terzo settore e così via).
I decreti di assegnazione delle risorse per il finanziamento dei nuovi progetti SPRAR sono stati pubblicati sul sito del Ministero dell’Interno a Luglio 2017.
Nell’ultima colonna a destra delle tabelle qui allegate si trova il contributo (pubblico) stanziato per i nuovi progetti per il triennio 1 luglio 2017 – 30 giugno 2020, che ammonta a un totale di quasi 18 milioni di euro.
In aggiunta ulteriori fondi sono stati stanziati a fronte di istanze di ampliamento della capacità di accoglienza dei centri già esistenti.
I famosi “35 euro al giorno assegnati alle coooperative che gestiscono i progetti SPRAR”, che tanto hanno fatto discutere in passato, sono quindi solo una stima relativa al costo medio giornaliero ipotizzato per l’accoglienza di un singolo richiedente asilo, sulla base del totale dei fondi stanziati.
Quanti e quali progetti SPRAR?
Dal “Rapporto Annuale” si evince come la rete SPRAR si sia andata allargando negli ultimi anni, passando dai 151 progetti finanziati nel triennio 2011-2013, ai 652 progetti del 2016 con una capacità di accoglienza di 34039 persone, fino ai 775 progetti censiti a Novembre 2017.
Ovviamente questi numeri non bastano a coprire tutte le domande. Quando questo accade, ovvero quando “sia temporaneamente esaurita la disponibilità all’interno delle strutture a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti” (articolo 11 del Decreto Legislativo 142/2015), il prefetto può decidere di accogliere i migranti in altre strutture temporanee denominate “Centri di Accoglienza Straordinaria” (CAS).
I CAS dovrebbero essere utilizzati solo per il tempo strettamente necessario alla gestione dell’emergenza, e non oltre, anche se spesso purtroppo non è così.
I progetti SPRAR si dividono in quattro macro categorie: progetti ordinari (per adulti maggiorenni richiedenti protezione internazionale), progetti per soggetti con necessità di assistenza sanitaria, sociale e domiciliare, specialistica e prolungata o con disagio mentale e/o psicologico, progetti per minori stranieri non accompagnati e progetti dedicati ai cosiddetti “reinsediamenti”.
Gli enti locali titolari di progetto sono stati 555, dislocati principalmente in Sicilia e Lazio (oltre il 19%), in Calabria (10%) in Puglia (9,7%) e in Lombardia (6,2 %).
Sulla base di queste cifre in netta crescita è possibile affermare come il sistema SPRAR si sia rivelato in questi anni una importante risorsa per il territorio, avendo stimolato energie latenti, potenziato le sinergie, promosso la creazione di nuovi servizi e opportunità per intere comunità locali.
Sotto il cappello dello SPRAR si sono infatti stipulati accordi con le ASL di riferimento, con associazioni sportive, di volontariato e culturali, con scuole e enti di formazione, con aziende, sindacati e con associazioni imprenditoriali che hanno iniettato nuova linfa nel tessuto socio-economico locale.
Per quanto concerne la provenienza dei 34.039 beneficiari accolti nel 2016, la Nigeria è il primo paese contributore (16,4%), poi Gambia (12,9%) e infine Pakistan; inoltre, la maggior parte di essi (circa il 72%) è giunto sulle nostre coste tramite uno sbarco illegale via mare.
Volendo invece osservare quali Paesi abbiano assegnato, tramite la loro “Unità Dublino”, la competenza dell’esame della domanda di protezione internazionale all’Italia registriamo il maggior numero di “rientri Dublino” dalla Norvegia (13,5%), poi Svizzera (11,7%), Svezia (10,7%), Germania (8,5%), Austria (7,9%) e Paesi Bassi (6,1%).
Cosa si intende con “accoglienza integrata”?
I progetti SPRAR non sono solo finalizzati a dare un tetto ai soggetti privi di mezzi di sostentamento e in attesa di risposta alla loro domanda di protezione internazionale: sono pensati per essere molto di più.
La principale finalità dei progetti SPRAR è infatti quella di promuovere l’integrazione e l’inclusione sociale dei beneficiari nel nostro tessuto socio-culturale.
Quando si parla di “accoglienza integrata” non ci si riferisce solo al fornire cibo e alloggi ai migranti (o financo la scheda telefonica o l’abbonamento al trasporto pubblico urbano) ma anche e soprattutto alla creazione di veri e propri percorsi individuali di formazione (ad esempio corsi di lingua), assistenza (ad esempio assistenza medica), orientamento e inserimento socio-economico (ad esempio partecipazione ad eventi sportivi o culturali), un modello che ha pochi eguali in Europa.
Nella metodologia d’intervento dello SPRAR si propende per accogliere gruppi ridotti di beneficiari, cercando di rispettare “ogni singola persona e la sua specificità”: le strutture di accoglienza rese disponibili dai progetti territoriali dello SPRAR ospitano infatti un numero contenuto di persone e sono tendenzialmente singole unità abitative ubicate in zone non isolate dal tessuto sociale circostante, per consentire una graduale auto-organizzazione da parte dei beneficiari e la loro conseguente integrazione.
La maggioranza delle strutture sono appartamenti di proprietà dell’ente locale o presi in affitto per lo scopo specifico.
La gestione dell’accoglienza materiale prevede, oltre all’alloggio, la fornitura del vitto (nella maggioranza dei casi si parla di somme di denaro necessarie a fare la spesa), dei generi di prima necessità (incluso vestiario, biancheria e prodotti per l’igiene personale), di fornitura di ulteriori beni (quali l’abbonamento per il trasposto pubblico urbano o la scheda telefonica) nonché di un contributo in denaro, commisurato al numero dei componenti del nucleo familiare, da destinare alle piccole spese (cosiddetto “pocket money”).
Gli interventi volti all’inclusione sociale dei beneficiari nel nostro tessuto socio-culturale sono poi fondamentali.
L’apprendimento della lingua italiana, ad esempio, costituisce un obiettivo prioritario del progetto di accoglienza. La conoscenza della lingua consente infatti di “entrare in relazione con il contesto sociale, estendere la rete personale di contatti, accedere al mondo del lavoro e della formazione, fruire dei servizi e, in senso più vasto, sviluppare un sentimento più ampio di partecipazione alla società ricevente”, dice il Rapporto.
I progetti territoriali devono pertanto garantire ai beneficiari l’accesso, la fruibilità e la frequenza dei corsi di lingua italiana, in maniera strutturata e continuativa, per un numero minimo di dieci ore settimanali.
Si incentivano poi i migranti a seguire tirocini formativi o corsi di formazione professionale, per l’acquisizione o l’aggiornamento di competenze teorico-pratiche per essere in grado di ricoprire determinati ruoli lavorativi.
Tra i settori dei corsi di formazione professionale frequentati dai beneficiari troviamo principalmente la ristorazione e il settore turistico (70,6%), a cui seguono l’artigianato (35%), l’agricoltura e la pesca (29%) e i servizi alla persona (26,9%).
I progetti SPRAR offrono inoltre assistenza per l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (solo per coloro che sono già in possesso di un permesso di soggiorno) o per l’ottenimento del “tesserino STP” (Straniero Temporaneamente Presente) il quale dà diritto alle principali cure, anche continuative, nonché alla scelta del medico di base.
Vengono anche offerti servizi di mediazione culturale per migliorare e facilitare il dialogo interculturale e servizi di orientamento e informazione legale sulla normativa italiana ed europea in materia d’asilo, ricongiungimento familiare, protezione internazionale.
A tutti i minori stranieri, soli o accompagnati, è garantito l’accesso alle scuole di qualsiasi ordine e grado, qualunque sia il loro status giuridico e alle stesse condizioni previste per i minori italiani.
Come illustrato nel “Rapporto”, ogni centro partecipante all’iniziativa redige un regolamento che disciplina il funzionamento della struttura di accoglienza attraverso la previsione di regole che riguardano vari aspetti della convivenza, della partecipazione alla gestione degli spazi, della permanenza nel progetto.
Il regolamento è scritto, tradotto in più lingue e illustrato ai beneficiari al loro ingresso nella struttura con l’ausilio di un mediatore culturale.
Si sigla in questo modo un “patto di accoglienza”, ovvero un accordo tra il progetto territoriale e il singolo beneficiario attraverso il quale l’ente locale (e con esso l’ente gestore) si impegna a garantire accoglienza e a erogare una serie di servizi; il beneficiario, da parte sua, si impegna a rispettare il regolamento della struttura, ad apprendere la lingua italiana, ad adoperarsi in prima persona per la realizzazione del suo progetto di inserimento, a rispettare i termini e le modalità di accoglienza e a partecipare attivamente alla proposta di accoglienza integrata.
Sostenibilità
Il sistema funziona in maniera ottimale e rimane economicamente sostenibile se i tempi per l’ottenimento della protezione internazionale e del relativo permesso di soggiorno e/o di lavoro sono ragionevolmente brevi e permettono al migrante di poter così liberamente progettare il suo futuro, facendo tesoro degli strumenti e dell’esperienza accumulati nel tempo di permanenza nel sistema SPRAR.
Se la permanenza nei centri di accoglienza diventa invece patologica, si creano ovvi problemi organizzativi e gestionali.
Per dirla con il linguaggio del Rapporto, lo SPRAR ha “una tempistica dedicata a fornire strumenti legati all’integrabilità in tempi programmati e progettati ed in considerazione delle specificità di ogni singolo beneficiario (..) Se la prima fase si protrae per un tempo eccessivamente esteso, si vanificherà inevitabilmente il percorso studiato per rendere opportuno, proficuo e soprattutto con un senso logico il tempo trascorso nel circuito dell’accoglienza integrata. La disfunzione dell’accoglienza dello SPRAR si rileverà, allora, proprio nella cronicizzazione di una situazione di accoglienza”.
Una delle finalità del nuovo articolo 35-bis sulle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale (Decreto legislativo 25/2008), introdotto dal “Decreto Minniti-Orlando” (Decreto Legge 13/2017), è proprio quella di semplificare le procedure di ricorso contro i provvedimenti adottati dalle Commissioni Territoriali e giungere così a decisioni finali più rapide.
Il “Rapporto Annuale SPRAR 2016” in pdf (scaricabile):
Rapporto Annuale SPRAR - Atlante SPRAR 2016