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IMMIGRANDO (4) – Il Richiedente Asilo – SPRAR e CAS

È importante ricordare che il migrante è autorizzato a rimanere sul territorio dello Stato, sia mentre è in corso la procedura per stabilire se l’Italia è il Paese competente sia mentre la domanda di protezione internazionale viene esaminata.

Una volta che il migrante, entrato irregolarmente in Italia, abbia superato la procedura di identificazione e abbia espresso la volontà di avanzare domanda di protezione internazionale, verrà trasferito – nel più breve tempo possibile – in un “Centro di Prima Accoglienza” (CPA), anche conosciuto come “hub regionale”.

A norma dell’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 142/2015, i CPA sono stati pensati per esigenze di prima accoglienza e per l’espletamento delle operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica dei migranti.
Qui sono accolti i migranti per il tempo strettamente necessario alle operazioni di identificazione (in caso questo non fosse già avvenuto in un hotspot), all’accertamento delle condizioni di salute, alla verbalizzazione della domanda di protezione internazionale e all’avvio della procedura di esame della domanda stessa.

Espletate tali operazioni, il migrante che sia privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari ha accesso – a norma dell’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 142/2015, al programma SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).
Solo nel caso in cui non vi siano posti disponibili nel programma SPRAR, il richiedente protezione internazionale è autorizzato a restare negli “hub regionali” ma solo ed esclusivamente per il tempo strettamente necessario al trasferimento in una struttura SPRAR.

Questo il testo del Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 142, “Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale“, in pdf, aggiornato alle modifiche apportate dal Decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13 (coordinato con la legge di conversione 13 aprile 2017, n. 46):

Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (consolidato al DL 13-2017)

 

Come si può leggere sul sito web dello SPRAR (www.sprar.it), l’origine del programma di accoglienza risale al 2001, quando il Ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR) decisero di siglare un protocollo d’intesa per la realizzazione di un “Programma nazionale asilo”, facendo così nascere “il primo sistema pubblico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, diffuso su tutto il territorio italiano, con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali”.

La spina dorsale dello SPRAR è infatti costituita dalla rete formata dagli enti locali, che garantiscono gli interventi di cosiddetta “accoglienza integrata”.
Il Ministero dell’Interno pubblica un bando per l’attivazione di un progetto SPRAR sul territorio comunale, i Comuni partecipano e, in caso di vittoria, ricevono i finanziamenti ministeriali stanziati allo scopo e si prendono carico della gestione di tale attività.
Tale ulteriore passaggio avviene ancora tramite gare bandite dai Comuni che instaurano così diverse sinergie sul territorio con i cosiddetti “enti gestori”, ovvero i soggetti no-profit del terzo settore (come ad esempio le cooperative), per realizzare più efficacemente gli interventi di sostegno.
Quando si parla di “accoglienza integrata” non ci si riferisce solo al fornire cibo e alloggi ai migranti (o financo la scheda telefonica o l’abbonamento al trasporto pubblico urbano) ma anche e soprattutto alla creazione di veri e propri percorsi individuali di formazione (ad esempio corsi di lingua), assistenza (ad esempio assistenza medica), orientamento e inserimento socio-economico (ad esempio partecipazione ad eventi sportivi o culturali), a tutto vantaggio dei migranti, un modello che ha pochi eguali in Europa.

Il rovescio della medaglia è che l’adesione al sistema SPRAR è volontaria e molti Comuni non hanno mai sposato questa iniziativa, sbilanciando così la presenza del progetto a livello nazionale e creando una cronica mancanza di alloggi di quel tipo.

Per questa ragione e “nel caso sia temporaneamente esaurita la disponibilità all’interno delle strutture a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti” (articolo 11 del Decreto Legislativo n. 142/2015), il prefetto può decidere di accogliere i migranti in altre strutture temporanee.
Tali strutture, denominate comunemente “Centri di Accoglienza Straordinaria” (CAS), sono individuate dalla prefettura sul territorio secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici o, in casi di estrema urgenza, anche tramite le procedure di affidamento diretto.
Possono essere hotel, bed & breakfast, agriturismi ma anche semplici appartamenti in mezzo alla città.
È importante sottolineare come, secondo il Decreto Legislativo n. 142/2015, l’accoglienza in tali strutture sia limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente protezione internazionale nei centri SPRAR (o, al limite, nei CPA o “hub regionali”).

CPA, SPRAR e CAS hanno quindi sostituito le precedenti sigle [quali CDA (Centri di Accoglienza) e CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo)] che sono ormai formalmente desuete.

A norma dell’articolo 4 del Decreto Legislativo n. 142/2015, al richiedente protezione internazionale è rilasciato un permesso di soggiorno sul territorio italiano temporaneo (valido sei mesi) e rinnovabile fino a che non si è giunti a decisione definitiva sulla domanda di protezione internazionale.

I permessi di soggiorno

A coloro i quali viene riconosciuto lo status di rifugiato, a norma dell’articolo 23 del Decreto legislativo n. 251/2007, è rilasciato un “permesso di soggiorno per asilo” che ha una durata di cinque anni ed è rinnovabile ad ogni scadenza.
Tale permesso consente l’accesso allo studio, lo svolgimento di un’attività lavorativa e dà diritto, tra le altre cose, all’assistenza sociale e sanitaria, al ricongiungimento familiare, ad avere un documento di viaggio.

A coloro i quali viene riconosciuto lo status di protezione sussidiaria, a norma dell’articolo 23 del Decreto legislativo n. 251/2007, è rilasciato un “permesso di soggiorno per protezione sussidiaria” di durata triennale, rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento della protezione sussidiaria.
Tale permesso consente l’accesso allo studio, lo svolgimento di un’attività lavorativa (per una durata non superiore alla durata del permesso) e dà diritto, tra le altre cose, all’assistenza sociale e sanitaria, al ricongiungimento familiare, ad avere un documento di viaggio.

A coloro i quali viene riconosciuto lo status di protezione umanitaria, a norma dell’articolo 14 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 21/2015, è rilasciato un “permesso di soggiorno per motivi umanitari” che ha durata biennale.
Tale permesso consente al migrante di lavorare sul territorio italiano e dà diritto all’assistenza sanitaria e ad avere un documento di viaggio.
Il rinnovo del titolo di soggiorno per motivi umanitari è sempre subordinato alla permanenza delle ragioni che ne hanno consentito il rilascio.

 

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