Negli “hotspot” si può solo manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale ma non è quello il luogo dove presentare formalmente la domanda.
Di questo se ne occupano, in Italia, la Polizia di Frontiera o la Questura.
Tuttavia, prima di procedere con l’esame vero e proprio della domanda, si deve appurare quale sia lo Stato dell’Unione Europea che abbia la competenza ad esaminarla.
I richiedenti asilo/protezione sussidiaria/protezione umanitaria non sono infatti liberi di decidere autonomamente in quale Stato UE presentare la loro domanda.
Le regole che definiscono la competenza per l’esame delle domande di protezione internazionale sono definite, in Unione Europea, dal Regolamento n. 604/2013 (cosiddetto Regolamento Dublino III).
Il Regolamento UE n. 604/2013 – ” Dublino III”:
Regolamento UE n. 604-2013 - Dublino III
Le regole sulla competenza
L’articolo 13 del Regolamento n. 604/2013 specifica che, quando è accertato che un soggetto abbia varcato illegalmente la frontiera di uno Stato Membro UE (nel nostro caso l’Italia) provenendo da uno Stato esterno all’UE (diciamo dalla Libia), lo Stato membro di ingresso (Italia) è competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale.
Come si accerta l’ingresso irregolare in Italia?
Ad esempio tramite i controlli incrociati nel sistema EURODAC, la banca dati europea delle impronte digitali o tramite le foto-segnalazioni: se il migrante non sarà già stato censito in nessuna delle banche dati, starà ragionevolmente entrando per la prima volta in uno Stato Membro UE al momento del fermo e quello sarà il Paese competente all’esame dell’eventuale domanda di asilo presentata dal migrante.
Per tale ragione è così importante per l’Unione Europea che i migranti in arrivo non si rifiutino di fornire le proprie impronte digitali.
La competenza dello Stato Membro di ingresso ha però dei limiti temporali:
– dopo che sono trascorsi 12 mesi dall’ingresso irregolare nel territorio dello Stato Membro, lo Stato membro di ingresso non è più responsabile per l’esame della domanda di protezione internazionale
– e lo diventa lo Stato membro nel quale il migrante ha soggiornato (anche irregolarmente) per almeno 5 mesi.
Se un migrante è entrato illegalmente in Italia e – dopo i controlli – è poi riuscito a passare in Francia, trascorsi 12 mesi dall’ingresso, l’Italia -pur essendo il Paese di primo ingresso e il Paese dove sono state prese per la prima volta le impronte digitali del migrante- non sarà più competente ad esaminare la domanda di asilo; la competenza passerà alla Francia, purché il migrante abbia soggiornato almeno 5 mesi là.
Se il migrante avesse soggiornato 5 mesi in Francia e poi 5 mesi in Germania, competente all’esame della domanda sarà lo Stato Membro in cui il soggiorno è più recente (ovvero la Germania).
Alla regola della competenza del primo Stato Membro di ingresso si applicano inoltre ulteriori eccezioni, tra le quali:
– se in uno Stato Membro UE si trova un familiare (marito/moglie/partner/figlio minorenne) del migrante entrato illegalmente in UE, quello è lo Stato competente ad esaminare la domanda del migrante; il familiare deve avere però già ottenuto protezione internazionale o deve avere già presentato domanda di protezione internazionale in quello Stato Membro.
Ad esempio, un migrante entra illegalmente in Italia e viene identificato negli “hotspot”; se il migrante ha un figlio minorenne in Spagna che ha già ottenuto protezione internazionale in quel Paese, il migrante avrà diritto ad essere trasferito in Spagna e la Spagna sarà competente per l’esame della sua domanda.
– se il migrante entrato illegalmente in UE è in possesso di un permesso di soggiorno scaduto da meno di due anni, potrà presentare domanda di protezione internazionale presso lo Stato che gli aveva rilasciato il permesso di soggiorno (e non presso lo Stato di primo ingresso).
– se il migrante entrato illegalmente in UE è in possesso di un visto scaduto da meno di sei mesi, potrà presentare domanda di protezione internazionale presso lo Stato che gli aveva rilasciato il visto (e non presso lo Stato di primo ingresso).
– se il migrante, a causa dell’età avanzata o di una gravidanza o di una malattia grave o grave disabilità, dipende dall’assistenza di un parente e tale parente è disponibile ad occuparsene, ha i mezzi per occuparsene ed è regolarmente residente in uno Stato UE, lo Stato Membro UE dove risiede il parente è competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale del migrante (il meccanismo funziona anche nel caso inverso, ovvero nel caso in cui sia il parente regolarmente residente ad avere bisogno dell’assistenza del migrante).
– se si abbiano fondati motivi per ritenere che lo Stato Membro inizialmente designato come competente manifesti “carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo (..), che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea“, lo Stato Membro di primo ingresso non invierà richiesta di presa in carico a quello Stato ma proseguirà con l’esame dei criteri per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente; se tale esame dovesse dare esito negativo, lo Stato Membro di primo ingresso diventerà lo Stato Membro competente (art. 3, comma 2 – Regolamento UE n. 604/2003).
– se uno Stato Membro UE decide di esaminare comunque la domanda di protezione internazionale di un migrante, pur non essendovi obbligato (ad esempio per motivi umanitari), quello sarà lo Stato Membro che avrà la competenza. Ad esempio, il migrante dovrebbe essere trasferito in Francia secondo le regole sulla competenza ma questo non è possibile per motivi di salute e l’Italia decide liberamente di occuparsi del suo caso; l’Italia sarà quindi lo Stato membro competente.
La procedura
La procedura di determinazione dello Stato Membro competente è avviata non appena una domanda di protezione internazionale è presentata per la prima volta in uno Stato Membro.
Il migrante arrivato irregolarmente in Italia (e soggiornante in Italia) presenterà domanda di protezione internazionale in Italia, a norma dell’articolo 13 del Regolamento 604/2013.
Tuttavia, in caso desideri che un altro Paese UE si occupi del suo caso, dovrà fare presente alla Polizia di Frontiera o alla Questura, per iscritto e al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale, questo suo desiderio nonché tutte le informazioni che possano essere utili a determinare quale sia lo Stato UE competente per l’esame della sua domanda, quali ad esempio la presenza di parenti/familiari in altri Stati dell’UE, eventuali condizioni di dipendenza a causa di malattie/disabilità (o altro) o possesso di visti/permessi di soggiorno scaduti.
L’Unità Dublino, un ufficio del Ministero dell’Interno, deciderà in merito.
Se l’Unità Dublino di Roma dovesse ritenere che la competenza spetti ad altro Stato Membro, una specifica richiesta di presa in carico verrà inviata all’altro Paese.
La decisione finale dovrebbe essere presa entro un periodo massimo di 5 mesi (fino a 3 mesi di tempo per contattare l’altro Stato Membro e fino a due mesi per la decisione finale sulla richiesta di presa in carico, secondo le tempistiche definite nel Regolamento).
Una volta appurato quale sia lo Stato competente, il migrante verrà trasferito in quello Stato e là verrà processata la sua domanda di protezione internazionale.
Il migrante deve infatti soggiornare nel territorio dello Stato Membro competente in attesa della decisione finale sulla sua domanda.
In circostanze normali, il trasferimento avviene in massimo 6 mesi di tempo (articolo 29 del Regolamento n. 604/2013).
Dal momento della presentazione della domanda al momento dell’identificazione dei soggetti competenti ad esaminarla, potrebbero quindi passare circa 11 mesi.
In aggiunta, se il migrante non fosse d’accordo con la decisione dell’Unità Dublino potrebbe presentare ricorso in Tribunale entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento, con ulteriore allungamento dei tempi.
A norma dell’articolo 3 del Decreto legislativo 25/2008, il procedimento – trattato secondo le regole del rito camerale – giungerà a conclusione entro 60 giorni dalla presentazione del ricorso.
Del procedimento in camera di consiglio si occuperanno le sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea recentemente istituite, presso ogni tribunale ordinario del luogo ove ha sede la Corte di Appello, dal Decreto Legge 13/2007 (il “Decreto Minniti-Orlando”).
In caso di rigetto, la Corte di Cassazione deciderà sull’impugnazione entro due mesi dal deposito del ricorso.