IMMIGRANDO – (1) L’approdo e gli Hotspot

Fa ormai parte del nostro quotidiano, la litania degli acronimi collegati all’accoglienza snocciolati nelle cronache dei telegiornali nazionali (CARA, CIE, CPT, CPA ..).
Ma cosa significano e quali di essi possono essere ancora liberamente utilizzati perché non desueti? Come funziona in dettaglio il sistema?
Vediamo cosa succede passo passo in un tipico caso di soccorso e accoglienza di migranti partiti dal Nord Africa e giunti irregolarmente in Italia.

Il migrante viene recuperato in mare e vengono predisposte le operazioni di sbarco, secondo le istruzioni ricevute dal Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo italiano.

Il migrante ha quindi diritto ai primi soccorsi: gli viene fornita una prima assistenza medico-sanitaria e viene rifocillato con cibo e acqua.
A questo punto, comincia a saggiare la complessità della macchina organizzativa italiana, scontrandosi con sigle, acronimi e procedure di varia complessità e mutevolezza.

Il sistema è stato infatti di recente rimodulato e verrà modificato ancora in attuazione del Decreto Legge n. 13/2017 (il “Decreto Minniti-Orlando”, convertito dal Parlamento con Legge n. 46/2017).
Al momento è strutturato in due livelli consequenziali, composti da cosiddette strutture di “prima” e di “seconda accoglienza”.

La prima struttura dove il migrante viene accolto è il cosiddetto “hotspot“, un luogo dove i migranti sono sottoposti ad accertamenti medici (screening sanitario e “tempestiva identificazione delle vulnerabilità“) e dove si procede alla loro identificazione.
La procedura consiste in una foto-segnalazione del migrante (una foto del viso), nella registrazione di dati personali e nel rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita (solo per le persone che hanno più di 14 anni di età).
I dati raccolti vengono così inviati al sistema EURODAC, la banca dati europea delle impronte digitali di coloro che richiedono asilo politico e delle persone fermate mentre varcano irregolarmente una frontiera esterna dell’Unione Europea.
Lo scopo della banca dati, per uno Stato Membro, è quello di confrontare le impronte e verificare se un richiedente asilo o un cittadino straniero sono entrati illegalmente nel territorio dell’Unione e/o se un richiedente asilo ha già presentato una domanda in un altro Stato membro.
Queste sono infatti verifiche fondamentali per la determinazione della competenza ad esaminare le domande di asilo, secondo quanto previsto dal Regolamento Dublino III.
Inoltre, il migrante riceve le informative cartacee sulla normativa vigente in materia di immigrazione e asilo nonché sulle modalità con le quali le persone in ingresso possono manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale.

Alle operazioni sono presenti le Autorità Italiane, coadiuvate dalle Agenzie Europee Frontex ed EASO, l’Ufficio Europeo di Supporto all’Asilo.
In particolare, Frontex è impegnata soprattutto nel campo della identificazione, registrazione e foto-segnalazione delle persone in ingresso, mentre EASO ed UNHCR (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati) forniscono ausilio alle Autorità Italiane nella prima identificazione delle persone vulnerabili nonché nella consulenza per le procedure di richiesta di protezione internazionale e di ricollocamento.
Fondamentale, in questi frangenti, il ruolo dei mediatori culturali che forniscono il proprio supporto per superare possibili barriere linguistiche e culturali (ad esempio in merito allo scopo della raccolta delle impronte e alla maniera in cui le impronte sono raccolte).
Anche Europol è coinvolta nel processo, supportando le attività di indagine italiane per il contrasto dell’immigrazione irregolare, anche alla luce dei recenti fatti di stampo terroristico.

Secondo quanto indicato dal Ministero dell’Interno (“Procedure Operative Standard (SOP) – Hotspot“), al momento risultano essere operativi quattro “hotspots” sul territorio nazionale: Lampedusa (AG), Trapani, Taranto e Pozzallo (RG), con una capacità ricettiva totale di circa 1600 persone.

Procedure Operative Standard (SOP) – Hotspot ITA:

Procedure Operative Standard (SOP) - Hotspot ITA


Hotspots – State of Play – Italy:

Hotspots - State of Play - Italy

 

Il termine “CPSA” (Centri di Primo Soccorso e Accoglienza) è quindi ormai formalmente desueto, essendo stato rimpiazzato dal più internazionalmente spendibile “hotspot”.

Anche in considerazione della limitata capacità ricettiva, il periodo di permanenza negli “hotspot” dovrebbe essere il più breve possibile, compatibilmente con il quadro normativo vigente.

La prima e più importante funzione del modello “hotspot” è infatti proprio quella di comprendere rapidamente in quali delle seguenti categorie ricadono i migranti giunti nel nostro Paese e indirizzarli di conseguenza:
1. coloro che hanno intenzione di inoltrare domanda di asilo, di protezione sussidiaria o di protezione umanitaria, che verranno indirizzati ai cosiddetti “hub regionali” (CPA – Centri di Prima Accoglienza) per poi entrare a far parte del programma SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati);
2. coloro che provengono da Paesi che permettono di procedere a ricollocamenti in altri Stati Membri dell’Unione, secondo la Decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, che seguiranno il medesimo percorso dei richiedenti asilo;
3. i minori non accompagnati, che verranno indirizzati in CPA dedicati assieme alle “vittime di tratta” o le “persone con vulnerabilità”;
4. coloro che decidono di non presentare domanda di asilo, di protezione sussidiaria o di protezione umanitaria e i “migranti economici” che verranno condotti nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), ora rinominati CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri), per essere -appunto – rimpatriati.

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